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Domanda Si può viaggiare nel tempo?

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7 Anni 1 Mese fa - 7 Anni 1 Mese fa #54024 da elena
Risposta da elena al topic Si può viaggiare nel tempo?
Un cercopiteco, un uomo primitivo, scaglia verso il cielo l’osso con il quale ha appena ucciso un suo nemico. L’osso roteante diventa un’astronave, che si muove nello spazio seguendo le note del An der schönen blauen Donau di Johann Strauß jr.
Nel breve arco di uno stacco di montaggio, mirabile concezione dell’ellissi temporale, vengono condensati milioni di anni di evoluzione umana; un espediente estetico che nasconde in realtà alle sue spalle una profonda e ramificata lettura della condizione umana, dell’arte e della religione, lemma che deve essere inteso nel suo senso più etimologico, dal latino relígio, legare strettamente: l’uomo è connesso in maniera indissolubile alla tensione verso l’infinito, l’universo, ciò che crea e da cui è creato. Perché anche l’universo, e la creazione, sono elementi che non possono fare a meno di confrontarsi con il tempo.
Ed è proprio sul concetto di tempo, e di tempo asservito allo spazio, che il cinema di Kubrick gioca una carta fondamentale nel panorama cinematografico mondiale: l’osso lanciato, quei millenni lasciati volar via in un secondo non sono altro che l’apice del percorso narrativo di Kubrick. Nel passaggio dalla preistoria al futuro c’è uno spostamento spaziale (nel vero senso della parola, visto che la macchina da presa segue, con una panoramica verso l’alto, le evoluzione aeree dell’osso) del tutto impensabile da un punto di vista strettamente razionale; siamo di fronte a un salto a gravità zero, al quale corrisponde, nella mente dello spettatore, una perdita graduale di sensorialità. Improvvisamente siamo nel 2001, di colpo scopriamo che quelle scimmie – è ormai palese – non erano altro che i progenitori dell’umanità, la nostra immagine deformata in modo grottesco e quasi crudele. Procediamo per immagini riflesse: ciò che vediamo noi di HAL9000 non è altro che una punta riflettente, osserviamo le luci psichedeliche dell’astronave riflettersi sui caschi degli astronauti, e quando non c’è più nulla in cui specchiarsi se non sé stessi, l’astronauta David Bowman si trova davanti alla sua versione anziana, moribonda nel letto. E ci rendiamo definitivamente conto che tutto ciò da cui è nato il film, l’intero senso del cosmo e dell’evolversi delle ere, l’immagine ulteriore, estrema ratio della cosmogonia altro non è che un monolito nero, superficie dunque che non dona a chi gli si pone davanti di specchiarvisi.

Operazione quest’ultima letteralmente impossibile, semplicemente perché specchiarsi al suo interno equivarrebbe ad annullare totalmente l’idea di Tempo e di Spazio; riuscire a cogliere il riflesso sulla liscia e compatta consistenza del monolito starebbe a significare l’aver trovato la soluzione, l’essere riusciti a sciogliere la sciarada dell’esistenza. E mentre il vecchio astronauta muore davanti a sé stesso giovane e muore rivolgendo lo sguardo al monolito/senso dell’esistenza, il mondo in lontananza viene osservato da un feto. La ciclicità gioca quindi il suo ruolo, e mette la parola fine sulla vicenda.

L’affannosa ricerca del futuro porta sempre (forse anche inconsciamente) al passato, come fosse impossibile procedere verso ciò che è oltre senza aver piena coscienza di cosa si era prima, di cosa era successo prima: per questo è così forte il realismo che pervade l’odissea kubrickiana, ben più tangibile di tante incursioni nella fantascienza coeve e successive, e proprio per questo riusciamo a credere con ogni frammento della nostra mente di essere nel 2001: perché abbiamo avuto la prova, in precedenza, di essere stati uomini primitivi. Ora che esiste la connessione con il passato, con la memoria – soggettiva o storica che sia –, si può comprendere maggiormente ciò a cui assistiamo.

Tempo che in 2001 si fonde realmente con lo Spazio in una sola singola sequenza, vale a dire il viaggio di Bowman all’interno del buco nero: per quanto concerne il resto abbiamo un film diviso in due sezioni nettamente divise. La prima, “l’alba dell’uomo”, è immersa in un Tempo senza Spazio e la seconda, “2001”, in uno Spazio senza Tempo. Ne “L’alba dell’uomo” il Tempo è ovviamente la preistoria, simbolo fin troppo facilmente decodificabile dalla cultura occidentale, archetipo dell’inizio della vita dell’uomo sulla Terra: in questo Tempo, eccezionalmente ben definito da un punto di vista storico (si va dall’utilizzo dei primi utensili, che Kubrick ci mostra come rozzi ma già letali strumenti di sopraffazione, fino all’invenzione della scrittura), lo Spazio non è altro che un immane, brullo e inospitale deserto che si perde a vista d’occhio. In “2001” lo Spazio è altresì l’astronave, luogo certo e ben definibile, in grado di essere allo stesso tempo tana, rifugio, cella e tomba e di rappresentare, come la preistoria per il capitolo precedente, un immediato riferimento decodificabile dalla cultura occidentale (siamo su un’astronave, dunque ci troviamo necessariamente a vagare tra le stelle): di fronte a una concezione così razionale dello Spazio, il Tempo si riduce a rappresentare l’asettico scorrere – non ci è dato sapere quanti anni, mesi o giorni stiano passando – della vita in questo Spazio. Solo nella sequenza del buco nero assistiamo alla fusione di Spazio e Tempo o, per meglio dire, al loro annullamento: nessuno dei due elementi prende il sopravvento sull’altro per il semplice fatto che entrambi sono cancellati dal buco nero, all’interno del quale perde consistenza la concezione stessa di Spazio e di Tempo, e ciò che rimane sono semplicemente innumerevoli fughe di colori.
quinlan.it/2009/04/08/concetto-spazio-ne...ema-stanley-kubrick/

Il film è del 1968!


Ultima Modifica 7 Anni 1 Mese fa da elena.

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7 Anni 1 Mese fa #54029 da elena
Risposta da elena al topic Si può viaggiare nel tempo?
Molti registi hanno partecipato a sviscerare il concetto del tempo, ho inserito una riflessione su Kubrick, ora invece vorrei riportare un brano dalla Gaia Scienza
Che accadrebbe, se un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: “Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni cosa indicibilmente piccola e grande della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione […] L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta –e tu con essa, granello di polvere!”. Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato?» (F. Nietzsche, La gaia Scienza )

Questo lo faccio xc voglio proporre una riflessione molto interessante rappresentata sempre sotto forma di un film di harald Ramis

Così scriveva Nietzsche nella Gaia scienza. In Ricomincio da capo l’incubo si realizza e lo stesso giorno ricomincia ogni giorno esattamente uguale. Il protagonista -Phil Connors, interpretato da un espressivo e davvero credibile Bill Murray- è dapprima sconcertato, poi angosciato e infine rassegnato. Una rassegnazione però da cui non può fuggire e che lo obbliga a scoprire il senso delle più piccole cose, delle più banali scelte, delle più insignificanti realtà. Tutto si fa eterno in un ritorno continuo che però dona vita. E quanto scorre nel quotidiano, dileguandosi sullo sfondo di un palcoscenico solo nostro, diviene essenziale alla costruzione di un “io” meno ipertrofico e più autenticamente umano. Lo spettatore partecipa con una riflessione sincera. Ci si avverte ingombranti mentre col pensiero si zooma sulle singole vite che ci passano accanto senza mai penetrarci. Il meteorologo Phil Connors, antipatico e scontroso -benché sul piccolo schermo sempre simpatico e divertente- è intrappolato nella ridente cittadina di Punxsutawney in Pennsylvania, dove si era recato per il solito reportage annuale sulla festa della marmotta. Costretto a rivivere l’insopportabile ricorrenza «ancora una volta e ancora innumerevoli volte» senza esserci «in essa mai niente di nuovo», tenta di tutto per sfuggire alla gabbia temporale, persino il suicidio. Ogni mattina, alle 6 in punto, però, si sveglia nella solita realtà, di cui impara, dapprima nolente, ogni aspetto. A questo punto deve arrendersi. La sua immortalità è una condanna senza alcuna possibilità di appello, che permette di comprendere l’invidia degli dèi per la morte degli uomini, loro liberazione e loro compimento. Un film commedia, ironico ma pur serissimo. Gli eventi nel loro scorrere giornaliero, in cui siamo immersi senza reale partecipazione da parte nostra, sono i protagonisti di questa vicenda: prima sullo sfondo, come insignificante routine, poi sempre più vicini, sempre più indicativi. Il vecchio accattone all’angolo, l’ex compagno di scuola invadente incontrato per caso, la pozzanghera in cui inavvertitamente mette un piede che si aggiunge stonata a una giornata partita già male, la cameriera che serve, il bambino che cade dall’albero, il cameraman sconosciuto con cui lavora da anni, le tre anziane donne con l’auto in panne. E ancora di più. Un mondo straordinario che ci lasciamo sfuggire ogni giorno mentre la giornata fugge senza lasciare traccia di sé. E infine lei –Rita, interpretata da Andie MacDowell- dolce ma non sdolcinata, autentica come le donne vere. La collega che sembra diversa. L’amore. Il cambiamento giunge inaspettato quando ormai Phil si è arreso alla terribilità del processo. Il destino è fuori dalla porta dell’albergo, lo attende già alle sei del mattino, sempre uguale. Eppure Phil, pur sapendo di non avere alcuna libertà, esercita l’unica forma concessa all’umano: decide di seguire il suo fato, di non lasciarsi trascinare e impara ad amarlo e a vivere ricostruendo se stesso a partire dal “noi”. Gli altri acquistano un volto, una storia, un senso. Persino le strade, i rumori, i sapori, i colori diventano unici e irripetibili pur se ripetuti in eterno. Il mondo diventa esistente e Phil ritrova se stesso e il valore di ogni singola scelta.

«Oppure hai forse vissuto una volta un attimo immane, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: “Tu sei un dio, e mai intesi cosa più divina”?» (Ivi, p. 249)

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  • Clara
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7 Anni 1 Mese fa #54274 da Clara
Risposta da Clara al topic Si può viaggiare nel tempo?
Lo scienziato Michio Kaku: Iperspazio, Universi paralleli, Le dimensioni superiori, Wormhole e viaggi nel tempo

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