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Domanda L'ABC DEL SISTEMA ENDOCANNABINOIDE

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6 Anni 10 Mesi fa #55922 da Clara
L'ABC DEL SISTEMA ENDOCANNABINOIDE è stato creato da Clara
L'ABC DEL SISTEMA ENDOCANNABINOIDE


Il XXI si sta rivelando essere il secolo delle riscoperte, tra le quali si annovera il riconoscimento alla Cannabis del suo potere terapeutico. Gli anni trenta del '900 avevano messo la parola fine alla Canapa pensata come medicinale (e non solo) e, al suo posto, si facevano strada le scoperte all'avanguardia delle neonate aziende farmaceutiche: antibiotici e antinfiammatori. Da allora in poi, tutto il mondo occidentale ha fatto affidamento alle cure della medicina allopatica che, ad oggi, si può affermare abbia fallito l'intento di prolungare, preservare e migliorare la salute dell'umanità, dando invece false speranze sulla debellazione delle pesti moderne, l'HIV e il cancro, e incentivando la diffusione di pericolosi batteri antibiotico-resistenti.

Nonostante queste evidenze, la paura di abbandonare la medicina “tradizionale”, o quantomeno di provare cure alternative, permane tra medici e pazienti che, da scettici, pongono sempre la solita domanda sulla Cannabis terapeutica: “come può una sola pianta curare o attenuare più di 700 sintomatologie conosciute? E' per caso miracolosa?”
La risposta, in realtà, è molto semplice: tutti i mammiferi, i vertebrati e non (insetti esclusi), possiedono il Sistema Endocannabinoide, il quale deve il suo nome proprio alla pianta di Cannabis.
In anatomia, per “sistema” si intende un insieme di organi che collaborano ad uno scopo comune, i quali sono omogenei per struttura e funzione e che, spesso, hanno anche la solita derivazione embriologica. Nello specifico, quello endocannabinoide è un complesso sistema endogeno di comunicazione tra cellule. Esso è di grande importanza per il corretto svolgimento di molte attività fisiologiche e prende il suo nome dalla Cannabis dato che alcuni fitocannabinoidi in essa contenuti, tra cui il THC, imitano perfettamente gli effetti degli endocannabinoidi naturalmente prodotti dal nostro corpo, riuscendo in questo modo, a legarsi ai medesimi recettori.
Questo sistema è uno tra i più grandi presenti nel corpo umano, poiché è rilevante il numero degli organi e delle ghiandole di cui è diretto modulatore; potrebbe essere infatti paragonato ad un enorme centro smistamento messaggi, avente un curatissimo e vastissimo database. Esso è composto dai recettori cannabinoidi, CB1 e CB2, i loro ligandi endogeni e le proteine coinvolte nel metabolismo e nel trasporto dei cannabinoidi stessi. E' importante chiarire che un recettore è una piccola molecola di origine proteica, posizionata sulla membrana di varie cellule (dette “cellule bersaglio”); è addetto alla ricezione di specifiche sostanze – generalmente si tratta di messaggeri chimici quali ormoni, neurotrasmettitori o citochine – dette “ligandi” che, fondendosi con il recettore a loro specifico, ne causano una variazione conformazionale, in seguito alla quale si ha una determinata risposta o effetto biologico da parte della cellula: ad ogni recettore corrisponde un ligando come ad una serratura corrisponde una chiave specifica.

I recettori CB1 sono tra i più abbondanti e ampiamente distribuiti nell'encefalo, si trovano principalmente sui neuroni del Sistema Nervoso Centrale (SNC) e quindi nelle cellule del midollo spinale. La loro distribuzione è marcata nelle regioni responsabili della coordinazione motoria, dell'attenzione e delle emozioni. Sono anche presenti, seppur in minor quantità, su organi e tessuti periferici quali ghiandole endocrine e salivali, leucociti, milza, cuore, parte dell'apparato riproduttivo, urinario e gastrointestinale. Inoltre, influenzano sensibilmente anche i sistemi cardiovascolare e respiratorio, controllando il ritmo cardiaco, riducendo la pressione arteriosa e avendo capacità broncodilatatorie. Contrariamente ai CB1, i recettori CB2 sono espressi principalmente a livello periferico: sono presenti su cellule immunocompetenti, tra cui globuli bianchi, milza, tonsille, midollo osseo ematopoietico (midollo osseo rosso, adibito alla produzione dei globuli rossi) e nel pancreas; a basse concentrazioni, si trovano anche nel SNC, in particolare su cellule gliali e microgliali.
Il ruolo essenziale di tali recettori è quello di regolare il rilascio di altri messaggeri chimici a livello locale, dove sono richiesti, al momento del bisogno. I CB1, ad esempio, proteggono il cervello dalla sovra-stimolazione o dalla sovra-inibizione prodotta dai neurotrasmettitori, inibendo o rilasciando a loro volta neurotrasmettitori in grado di modulare gli effetti degli altri... in parole povere, evitano che il cervello si intossichi e si danneggi coi rifiuti (o gli eccessi) delle sostanze che produce: queste preziose molecole lo aiutano a smaltirle in maniera corretta, attivandosi solamente quando sono necessarie per poi tornare silenti ma vigili. I CB2, invece, svolgono per lo più attività immunomodulatorie; questi dirigono il rilascio di citochine, molecole proteiche responsabili della risposta immunitaria ed infiammatoria. La loro funzione più importante è la regolazione dell'apoptosi, il cosiddetto suicidio cellulare programmato: quando una cellula non funziona più correttamente, e smette di svolgere il proprio lavoro, si auto elimina per non presentare un problema per le cellule circostanti, evitando la formazione di tumori sul nascere.
Una volta chiarito il ruolo di questi recettori, è facilmente deducibile che un deficit del Sistema Endocannabinoide può avere conseguenze deleteree per l'organismo.
Difatti gli endocannabinoidi sono chiamati in causa in tutte le patologie dell’SNC che coinvolgono i mediatori chimici (neurotrasmettitori, citochine, ormoni, ecc.) la cui omeostasi (regolazione interna), perturbata dalla patologia, è proprio regolata dagli endocannabinoidi. Poiché la biosintesi dei cannabinoidi è sovente sotto il controllo degli stessi mediatori chimici, ciò spiega perché l’attivazione dei recettori CB1 o CB2, sovra espressi durante la patologia, si verifichi solo ‘sul luogo del delitto’ e per un periodo di tempo limitato, almeno nelle prime fasi della malattia. In pratica il cervello, essendo cosciente che c'è qualcosa che non va nel suo modo di comunicare e smaltire i messaggi, chiede aiuto al Sistema Endocannabinoide, il quale riesce temporaneamente a svolgere correttamente le funzioni di comunicazione delle cellule mal funzionanti. Questa funzione viene svolta anche al manifestarsi di malattie neuro-degenerative e neuro-infiammatorie, quali la Sclerosi Multipla, la malattia di Parkinson e quella di Alzheimer. Col degenerare della malattia, purtroppo, questo processo di automedicazione smette di funzionare correttamente, poiché sono le cellule mal funzionanti stesse che dovrebbero essere in grado di chiedere aiuto ma, quando sono troppo danneggiate per continuare a farlo, è necessario un supporto terapeutico per far sì che il disturbo non peggiori e vada in remissione.
Il THC e i preparati della Cannabis causano ben noti effetti sull’umore, sul ciclo sonno-veglia, sulla circolazione sanguigna, sul sistema immunitario, riproduttivo e sul metabolismo. Su queste basi, sin dalla loro scoperta è stato ipotizzato che degli endocannabinoidi ed i fitocannabinoidi stessi presenti nella Cannabis fungano da mediatori per il recupero da stress (la stessa parola anandammide, che è il nome dato al principale ligando del recettore CB1, deriva dal sanscrito ananda, «beatitudine interiore») e per l’adattamento a nuove condizioni esterne, funzione finora dimostrata solo in animali di laboratorio. Pertanto, il Sistema Endocannabinoide verrebbe attivato per ripristinare la normale attività dell’asse ipotalamico-ipofisario-surrenale e consentire l’adattamento allo stress, contrastando quelle conseguenze che contribuiscono, nell’uomo, a far precipitare i sintomi di malattie mentali affettive, quali la depressione, i disordini da stress postraumatico e i disturbi ossessivo-compulsivi, entrando in azione anche in aree cerebrali quali l’ippocampo, l’amigdala e la corteccia prefrontale, potenziando il rilascio di serotonina dal rafe dorsale.
Inoltre, l’anandamide, interagendo con il recettore CB1, possiede una complessiva capacità anabolica, infatti la sua attivazione facilita l’introito alimentare e riduce la spesa energetica, stimolando, quando il segnale acceso, l’accumulo di grasso buono. Lo stesso ruolo viene svolto dal THC che, legandosi al recettore CB1 al posto dell'anandamine, è causa diretta della famosa fame chimica. Si può quindi dedurre che, in condizioni ambientali di ristrettezze nutrizionali, quali quelle che milioni di anni fa affrontavano i nostri antenati, il sistema svolgesse un ruolo protettivo, contribuendo a stimolare i nostri avi alla ricerca di cibo e favorendo l’accumulo di risorse energetiche nei depositi corporei periferici. A supporto del ruolo “ancestrale” nel comportamento alimentare, va sottolineato che gli endocannabinoidi sono presenti nel latte materno ed hanno un ruolo chiave nelle prime fasi della lattazione, le quali rappresentano momenti decisivi nella formazione del corretto apporto alimentare. Il Sistema Endocannabinoide e, in generale, la Cannabis si rivelarono, quindi, decisivi per affrontare con successo ogni ostacolo si ponesse davanti alla sopravvivenza della specie umana, assicurandole un progressivo e adeguato benessere psico-fisico. Ormai è risaputo che non sono le endorfine ad essere le responsabili del piacere bensì i cannabinoidi rilasciati dal nostro corpo dopo un'intensa attività fisica o il sesso; recenti studi hanno dimostrato come infatti l'attività fisica possa creare un certo livello di dipendenza psicologica alla stregua della Cannabis: ciò avviene perché si attiva il Sistema Endocannabinoide, donando al praticante sensazioni di benessere, rilassamento e appagamento.
Nonostante questo meccanismo perfetto insito in noi si conoscesse da decenni fu preso in considerazione e studiato seriamente solo a partire dagli anni '90 a causa del proibizionismo scellerato sulla Cannabis. Ma i risultati delle ricerche dimostrano unanimemente che l'uomo e la Canapa sono da sempre fatti l'uno per l'altra: è soprattutto grazie a questa pianta se l'essere umano ha fatto progressi tecnologici nel corso dei secoli. In cambio, essa ha ottenuto di essere portata in giro per il mondo, riuscendo, così, ad adattarsi ad ogni clima del pianeta Terra che, tra l'altro, corrisponde all'obiettivo evolutivo di tutte le piante da seme. Già 5000 anni fa la Cannabis veniva nominata nell'erbario dell'imperatore cinese Sheng Nung e consigliata per il trattamento di gotta, reumatismi, malaria, stipsi e debolezza mentale. Negli stessi anni, gli indiani incentrarono parte dei loro testi sacri sulla Cannabis, esaltandone le virtù terapeutiche in caso di dolori diffusi, tetano, nevrosi, parti difficili, asma e bronchiti e attribuendole proprietà meditative che coadiuvano l'espansione della coscienza. Oggi, in un mondo governato dal mero sapere scientifico, l'uomo ha bisogno più che mai di ricongiungersi con la natura e col proprio io e, grazie alla scienza stessa, potrà finalmente contare nuovamente sull'aiuto di questa intelligentissima e versatile pianta, si spera, una volta per tutte, senza pregiudizi!


Fonte: beLeaf magazine
I seguenti utenti hanno detto grazie : alpaluda, miciofelix

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6 Anni 10 Mesi fa - 6 Anni 10 Mesi fa #55928 da Clara
Risposta da Clara al topic L'ABC DEL SISTEMA ENDOCANNABINOIDE
Attenzione: la comprensione del Sistema Endocannabinoide potrebbe cambiare la tua vita!

by Viola Brugnatelli · May 21, 2017
Il sistema endocannabinoide, che prende il nome dalla pianta che ha portato alla sua scoperta, è il più importante sistema fisiologico coinvolto nella creazione e nel mantenimento della salute umana.

"Come medico, sono naturalmente prudente rispetto a qualsiasi medicina che si prefigga di curare tutti.

Panacee, rimedi come l’olio di serpente e le costose mode del momento spesso vanno e vengono, con grandi rivendicazioni, ma con scarse prove scientifiche o cliniche per sostenerne l’efficacia.

Mentre esploro il potenziale terapeutico della cannabis, tuttavia, non trovo mancanza di prove.

Infatti, vi è un’enorme quantità di ricerche scientifiche sul potenziale terapeutico della cannabis, più prove di quanto si possa trovare su alcune delle terapie più utilizzate dalla medicina convenzionale."

Dustin Sulak, DO
Maine Integrative Healthcare

Cos’è il Sistema Endocannabinoide?

endocanabinoid-system-brain-and-cannabis-receptorsIn ogni tessuto il Sistema Endocannabinoide svolge compiti diversi, ma l’obiettivo è sempre lo stesso: l’omeostasi, o bio-equilibrio, cioè il mantenimento di un ambiente interno stabile, nonostante le oscillazioni dell’ambiente esterno.

Gli endocannabinoidi, molecole che il nostro corpo produce, attivano i loro recettori, che sono presenti in tutto il corpo: nel cervello, negli organi, nei tessuti connettivi, nelle ghiandole e nelle cellule immunitarie.

I cannabinoidi promuovono l’omeostasi a tutti i livelli della vita biologica, dal sub-cellulare agli organi e all’organismo e, probabilmente, alla comunità e oltre.

Ecco un esempio: l’autofagia, un processo in cui una cellula sequestra parte del suo contenuto per essere auto-digerito e riciclato, è mediato dal Sistema Endocannabinoide.

Questo processo mantiene vive le cellule normali, consentendo loro di mantenere un equilibrio tra la sintesi, la scomposizione, e il successivo riciclaggio nei prodotti cellulari; inoltre, ha un effetto mortale sulle cellule tumorali maligne, causando loro un suicidio cellulare programmato.
Naturalmente, la morte delle cellule tumorali promuove l’omeostasi e la sopravvivenza a livello di tutto l’organismo.

Scopri meglio come i cannabinoidi fungono da agenti anti-tumorali efficaci e quale terapia potrebbe aiutarti a combattere il cancro.

Gli endocannabinoidi sono anche neuromodulatori, permettendo la comunicazione ed il coordinamento tra diversi tipi di cellule.

Ad esempio, quando ci facciamo male, nella zona dove vi è la ferita possono essere trovati cannabinoidi, la cui funzione è:

ridurre il rilascio di attivatori e sensibilizzatori dal tessuto ferito
stabilizzare le cellule nervose per evitare che queste scarichino a frequenze eccessivamente alte
calmare le vicine cellule immunitarie per impedire il rilascio di sostanze pro‐infiammatorie

Questi sono tre diversi meccanismi d’azione, su tre diversi tipi di cellule per un solo proposito: minimizzare il dolore ed il danno causati dalla ferita.

Se vuoi saperne di più sui cannabinoidi come analgesici, leggi qui. Scopri perché i cannabinoidi sono l’opzione migliore per il dolore cronico, il dolore neuropatico o il dolore infiammatorio.
Cosa sono i Recettori Cannabinoidi?

Le urocordate di mare, i piccoli nematodi, e tutte le specie vertebrate condividono il sistema endocannabinoide come parte essenziale della vita e dell’adattamento ai cambiamenti ambientali.

Confrontando la genetica dei recettori cannabinoidi in specie diverse, gli scienziati stimano che il sistema endocannabinoide si sia evoluto in animali primitivi oltre 600 milioni di anni fa.

Mentre può sembrare che sappiamo molto sui cannabinoidi, i circa ventimila articoli scientifici hanno appena cominciato a far luce sull’argomento.

Probabilmente esistono grandi lacune nella nostra attuale comprensione, e la complessità delle interazioni tra diversi cannabinoidi, tipi cellulari, sistemi e singoli organismi, può ancora offrire nuovi modi di guardare alla fisiologia e alla salute.

La seguente breve panoramica riassume ciò che sappiamo (senza indugiare su terminologia e meccanismi altrimenti pedanti per il grande pubblico)
.
I recettori dei cannabinoidi sono presenti in tutto il corpo, incorporati nelle membrane cellulari; si ritiene siano più numerosi rispetto a qualsiasi altro sistema ricettoriale.sistema endocannabinoide

Quando i recettori dei cannabinoidi vengono stimolati, questi avviano una varietà di processi fisiologici.

Attualmente esistono due recettori cannabinoidi riconosciuti: CB1, prevalentemente presente nel sistema nervoso (è infatti il più abbondante recettore della famiglia “G-protein coupled” in tutto il sistema nervoso centrale) ma anche espresso nei tessuti connettivi, gonadi, ghiandole e organi.
CB2, che si trova prevalentemente nel sistema immunitario e nelle strutture associate ad esso.

Molti tessuti contengono recettori sia CB1 e CB2, ciascuno collegato ad un’azione diversa.

Ci sono molti ricercatori (come me e molti altri che indagano su recettori novelli), che suppongono vi sia un numero maggiore di recettori cannabinoidi, ad esempio GPR55 o GPR18, poichè anche essi sono stimolati da cannabinoidi lipidi.

Quello che è importante capire ai fini di questo articolo, è che gli endocannabinoidi sono le sostanze che i nostri corpi creano naturalmente per stimolare questi recettori e che questi sono fondamentali per la vita.

La vita non è possibile a quelli di noi che non hanno recettori dei cannabinoidi.
Esperimenti hanno dimostrato come cancellando il gene che codifica la sequenza dei recettori cannabinoidi (per ottenere animali senza recettori cannabinoide, o KO-/- per gli addetti ai lavori), si impedisca lo sviluppo dell’embrione e la sua sopravvivenza alla nascita.

Se vuoi scoprire perchè i recettori cannabinoidi sono così importanti per il concepimento e lo sviluppo del feto, fino alla nascita e oltre, ti suggeriamo di leggere “cannabis: co-creators of life. From conception to breastfeeding”.
Che cosa è un endocannabinoide?

Le due molecole endocannabinoidi meglio studiate sono chiamate anandamide (dal sanscrito, ananda, che sta per beatitudine) e 2‐arachidonoylglycerol (2‐AG).

Queste molecole sono sintetizzate all’occorrenza da derivati dell’acido arachidonico della membrana cellulare, hanno un effetto locale e una breve biodisponibilità, prima di essere degradati da enzimi di endocannabinoidi (o detti dell’acido grasso ammide idrolasi, FAAH, e monoacilglicerolo lipasi, MAGL).

Chimicamente, gli endocannabinoidi sono eicosanoidi (acidi grassi ossidati), e per questo motivo durante il Simposio dell’International Cannabinoid Research Society del 2014 a Baveno, Italia, è stato proposto di modificare la nomenclatura degli “endocannabinoidi” a “eicosanoidi” al fine di prevenire lo stigma per terapie destinate al sistema cannabinoide, ma chiaramente mancanti della componente cannabis. (Questa modifica non è però mai avvenuta).
I fitocannabinoidi sono sostanze vegetali che stimolano i recettori dei cannabinoidi.

La maggior parte dei fitocannabinoidi sono stati isolati dalla Cannabis sativa, ma si è scoperto che altre erbe mediche, come l’ Echinacea purpura, contengono anch’essi cannabinoidi non psicoattivi.

Il delta‐9‐tetraidrocannabinolo, o THC, è certamente la molecola più famosa, probabilmete per la sua psicoattività, ma altri cannabinoidi stanno guadagnando l’interesse di ricercatori e medici grazie alle loro proprietà curative (che sono ulteriormente discusse qui), come ad esempio il cannabidiolo (CBD), il cannabinolo (CBN) e cannabinoidi acidi (THCA).

È interessante notare che la pianta di Cannabis utilizza i cannabinoidi che produce per promuovere la propria salute e prevenire malattie.

I cannabinoidi hanno proprietà antiossidanti che proteggono dalle radiazioni ultraviolette foglie e infiorescenze – I cannabinoidi neutralizzano i radicali liberi nocivi generati dai raggi UV, proteggendo le cellule.

Nell’uomo, i radicali liberi causano invecchiamento cellulare e indebolimento della spinta alla guarigione, tutte cause che possono portare ad una varietà di patologie, da neurodegenerative a disturbi immunitari o cancri.

Gli antiossidanti trovati nelle piante sono stati a lungo promossi come integratori naturali per prevenire danni da radicali liberi.

(Qui troverete molte ricette ricche di antiossidanti da includere nella vostra dieta)
Cannabinoidi sintetici

Molecole di cannabinoidi sono anche state sintetizzate e, mentre alcune rimangono principalmente nel campo della ricerca (generalmente quelle con codici lunghi di lettere e numeri, es: WIN55-212-2), diversi analoghi sintetici di THC o THC+CBD o CBD sono prescritti per l’assunzione orale o sublinguale.

Puoi consultare qui per un articolo di guida sulla composizione di spray orale THC+CBD.

Il CBD o CBD crudo (+ CBDa) è disponibile in molti Paesi come integratore alimentare a causa della mancanza di prescrizioni restrittive su composti non psicoattivi.

Tuttavia, ti incoraggio a verificare la certificazione dei fornitori come ho descritto meglio in questo articolo: “L’importanza dell’Analisi dei Cannabinoidi” e, se siete in dubbio, potete consultare Nature Going Shop, una vetrina sostenibile aperta recentemente per mettere in contatto i consumatori con prodotti sicuri.

Se siete interessati a sapere quali Paesi approvano l’uso medico di questi cannabinoidi e quali patologie sono state autorizzate con la prescrizione, vi consiglio di controllare qui o guardare il video.

Per capire se l’intera pianta o un composto singolo può essere la scelta migliore per te, leggi qui.
Crediti

Questa introduzione al sistema endocannabinoide è stato scritta grazie alla brillante revisione annuale della recente letteratura scientifica intitolata “Emergenti applicazioni cliniche di cannabis e cannabinoidi” di Paul Armentino, Vice Direttore della NORML, (potete sostenere il loro lavoro!), che ha il dono di saper riassumere in modo preciso e divulgativo un argomento tanto complesso, e ho ritenuto fosse l’approccio migliore.

Tutta le informazioni riportate derivano da un esteso lavoro di revisione su oltre 15,899 articoli scientifici riguardanti i cannabinoidi pubblicati su PubMed, oltre ad un interessante discorso del Dr. William Courtney (autorità nr.1 sulla medicina con cannabis cruda) durante il Simposio annuale dell’ICRS nel 2014, ed infine, dalla mia comprensione da anni di studi e lavoro di ricerca nel campo della cannabis.



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6 Anni 9 Mesi fa #56208 da Clara
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Alla ricerca della felicità: cannabinoidi e altre molecole. Parte: 1


La ricerca della felicità accompagna l’essere umano fin dalle sue origini. L’andare sempre dietro quello stato in cui ci sentiamo soddisfatti con noi stessi e con la nostra vita è, probabilmente, una delle grandi caratteristiche che contraddistingue la nostra specie. Chi non vuole essere felice? Chi non vuole avere una vita piena e ricca di soddisfazioni?

Paradossalmente, sembra che siamo sempre più infelici. Forse in questa ricerca della felicità, in questo cammino evolutivo che abbiamo intrapreso, in cui la tecnologia si mette al nostro servizio per garantire una maggiore copertura delle nostre necessità, qualcosa non è andato per il verso giusto. La società moderna che abbiamo costruito ci sottopone a una crescente pressione che ci espone, sempre di più, a dei disturbi che influenzano i nostri livelli di felicità, come la depressione, lo stress, l’ansia…

Sembra esserci una relazione molto stretta tra il nostro stato d’animo e i cannabinoidi, perlomeno è su questo che sta basando la sua ricerca la Dottoressa Tanja Bagar, ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Chimica della Slovenia, docente di microbiologia presso l’Università Alma Mater Europaea e collaboratrice del Collegio Austriaco per la Salute e lo Sviluppo. È anche membro attivo di ICANNA, l’istituto internazionale dei cannabinoidi, un progetto creato da professionisti di diversi ambiti e finalizzato alla ricerca scientifica sui cannabinoidi.

Tanja Bagar concentra i suoi studi proprio su questo bisogno così umano di trovare la felicità. In misura maggiore o minore, tutti rivolgiamo la nostra vita nella direzione che crediamo ci porterà più soddisfazione e il benessere. Ci troviamo in uno stadio evolutivo in cui non dobbiamo più lottare per sopravvivere, almeno non per la "sopravvivenza fisica", e quindi abbiamo più tempo da dedicare alla "ricerca della felicità".

L'idea in base alla quale ogni individuo ha il "diritto" di trovare la propria felicità è sempre più radicata nella società occidentale, anche se non è così innovativa come pensiamo, visto che era già presente, ad esempio, nella Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America nel 1776, ed è uno dei diritti costituzionali di questo paese.

Partendo da questa idea, Tanja Bagar ci propone un viaggio verso l’interno del nostro corpo per scoprire quali sostanze sono coinvolte nella biologia della nostra felicità. Il nostro corpo è composto da circa 35 miliardi di cellule che si differenziano in base alla loro posizione, è per questo che le cellule del cervello, quelle del fegato o quelle delle ossa, sono molto diverse tra loro. In un corpo sano, tutti questi miliardi di cellule lavorano all'unisono e in sincronia per mantenere l'equilibrio delle funzioni vitali.

Se osserviamo da vicino una cellula, vedremo che ha un aspetto simile a questo:

Per individuare le sostanze che le circondano, le cellule si servono dei recettori, una sorta di "braccia" con una parte che sporge verso l'esterno della cellula e l'altra che si trova all'interno della stessa. Quando il recettore riconosce una sostanza che gli "piace", la cattura e la trasporta verso l'interno, è così che la cellula risponde alla sostanza chimica in questione. In una stessa cellula ci sono recettori diversi, ciascuno di essi è responsabile di catturare una particolare sostanza, poiché il recettore e la sostanza in questione devono "incastrarsi", proprio come farebbero una chiave e un lucchetto.

Ogni cella ha almeno 1000 recettori che variano in base alla loro posizione. Ad esempio, le cellule del pancreas sono molto "interessate" a scoprire quanto glucosio c’è intorno a loro per sapere quanta insulina deve essere secreta, avranno, quindi, molti recettori per il glucosio. E nello stesso modo, altri tipi di cellule avranno diversi recettori progettati per identificare e catturare altre sostanze, sempre a seconda di dove si trovano e quali sono le loro funzioni.

Quali sono le sostanze coinvolte nella nostra “felicità”?

La ricerca scientifica volta a scoprire quali sostanze sono coinvolte nella nostra capacità di sentirci "felici" è passata attraverso diverse fasi, ad oggi c'è ancora molto lavoro da fare in questo campo. Così come indicato dalla Dr.ssa Bagar, all’inizio si credeva che la principale sostanza responsabile di quanto ci sentissimo felici o infelici fosse la serotonina, soprannominata anche "molecola della felicità". Ecco perché la maggior parte dei farmaci anti-depressivi sono stati progettati per modificare i livelli di questa sostanza. Più tardi, la comunità scientifica si è concentrata sullo studio dell’ossitocina, una molecola che genera in noi il desiderio di connetterci con le altre persone, di avvicinarci a loro e di adottare un atteggiamento più affettuoso. Si è anche scoperto che esistono altre sostanze coinvolte direttamente o indirettamente nella nostra sensazione di benessere, queste sono:

Melatonina: viene rilasciata dopo che abbiamo avuto un sonno profondo e riposante e interagisce con altre molecole.

Dopamina: è un neurotrasmettitore che ci aiuta a concentrarci sui nostri obiettivi e ci dà il senso di sicurezza necessario per svolgere le azioni volte a raggiungerli.

Se analizziamo i livelli di queste sostanze nel cervello di una persona, possiamo avere un'idea di quanto si sente felice o infelice. Qualsiasi squilibrio o mancanza di queste molecole provocherà dei cambiamenti significativi del suo stato d’animo.

Cos’è il sistema endocannabinoide e che relazione ha con la nostra felicità?

Il sistema endocannabinoide è composto da recettori di cannabinoidi che si trovano in determinate cellule del nostro corpo. Nello specifico, ce ne sono di due tipi: i recettori CB1, presenti soprattutto nel sistema nervoso, ed il recettore CB2, relazionato con il sistema immunitario, che mediano quindi nel caso di effetti antinfiammatori.

Come indica Tanja Bagar, una recente ricerca suggerisce anche un forte legame tra i sistemi serotoninergico e quello endocannabinoide, cosa che implica un collegamento tra il rilascio di endocannabinoidi e la serotonina (Best e Regehr, 2008). In questo modo, il sistema endocannabinoide influenza i livelli delle sostanze coinvolte nel nostro benessere emotivo, influenzando la quantità di serotonina che produciamo, così come i nostri livelli di ossitocina, melatonina e dopamina. La scienziata arriva, pertanto, alla conclusione che il sistema endocannabinoide e gli stessi cannabinoidi svolgono un ruolo importante nel nostro stato d'animo.

Ovviamente, questi processi chimici non sono semplici e in realtà si tratta di una strada a doppio senso: il livello di serotonina che abbiamo nel nostro corpo, determinerà quanti endocannabinoidi produciamo e i livelli di endocannabinoidi influenzeranno a loro volta i livelli di serotonina.

Cosa sono i cannabinoidi e come influenzano il nostro stato d’animo?

Dalla scoperta e dalla caratterizzazione dei recettori cannabinoidi, l'abbondanza di questi recettori nel cervello ha sconcertato la comunità scientifica. Sembrava strano che le nostre cellule avessero un’affinità così buona con queste molecole relativamente strane presenti principalmente in un genere del regno vegetale, la cannabis. La risposta a questo mistero è stata trovata con la scoperta della arachidonoiletanolammide (AEA), un analogo del THC, in seguito chiamata anandamide, che fa parte di una classe di molecole di segnalazione, gli endocannabinoidi, sostanze prodotte dal nostro corpo, molto simili ai cannabinoidi della pianta. Questo ha dato risposta alla grande quantità di recettori dei cannabinoidi presenti nelle nostre cellule: è stato scoperto che il nostro organismo produce i propri cannabinoidi!

Fino a questa scoperta si credeva che la serotonina e le endorfine fossero le "molecole felici" note per il loro ruolo implicito nella regolazione e nella manipolazione degli stati emotivi. Ma la scoperta degli endocannabinoidi ha indicato nuove vie biochimiche verso la felicità. Il nome anandamide (ananda - la parola sanscrita che indica "allegria, felicità"), suggerisce il suo coinvolgimento nello stato d’animo. Pertanto, dopo questa scoperta, si è determinato che esistono due tipi di molecole capaci di attivare i nostri recettori CB1 e CB2:

Cannabinoidi: composti che provengono dalla pianta di marijuana.

Endocannabinoidi: sostanze prodotte dal nostro corpo.

I cannabinoidi che si trovano in maggiore concentrazione nella pianta di cannabis e sui quali sono state fatte più ricerche sono il THC (tetraidrocannabinolo) e il CBD (cannabidiolo). D’altro canto, gli endocannabinoidi più importanti prodotti dal nostro corpo sono l’anandamide e il 2-arachidonodilglicerol (2-AG). Sembra che le strutture di THC e l’anandamide siano molto simili, così come il 2-AG e il CBD, è per questo che sono identificate e accettate dagli stessi recettori come due chiavi in grado di inserirsi nella stessa serratura.

I recettori CB1, che fanno parte del sistema endocannabinoide, si attivano o sono progettati per riconoscere e catturare il THC e l'anandamide. Questi recettori si trovano nel sistema nervoso centrale e la loro concentrazione è particolarmente elevata in alcune parti del cervello. Quando riconoscono e catturano il THC, quello che succede è che abbiamo quel senso di ebbrezza che colleghiamo alla marijuana, che identifichiamo come l’effetto psicoattivo. Questo succede perché questi recettori si trovano in aree del cervello responsabili del coordinamento della funzione motoria e di quelle cognitive.

Quando si tratta, invece, del CBD e del 2-AG, è stato osservato che queste due molecole attivano i recettori CB2, che sono distribuiti principalmente nelle cellule situate negli organi connessi con il sistema immunitario e con le cellule immuni. La funzione del sistema immunitario è quello di proteggerci da qualsiasi virus o batterio dannoso per la nostra salute, di modo che possiamo immaginare il sistema endocannabinoide (strettamente legato ad esso attraverso i recettori CB2) come una specie di "guardiano" della nostra salute incaricato di proteggerci da tutto ciò che può compromettere l'equilibrio funzionale.

Tanja Bagar indica che attualmente la scienza è riuscita a discernere che sia i fitocannabinoidi (quelli che provengono dalla pianta) sia gli endocannabinoidi, non solo vengono catturati dai recettori CB1 e CB2, ma “combaciano” anche con molti altri recettori, per questo influenzano in modo così importante tutto il nostro sistema. È stato dimostrato che l'endocannabinoide 2-AG influenza anche i recettori del calcio, di alcune sostanze nutritive e della serotonina, e quindi influenza l'assorbimento di queste sostanze nel nostro organismo. La densità dei recettori dei cannabinoidi in alcune aree del cervello è molto alta e la scienziata afferma che se osserviamo da vicino una cellula cerebrale, possiamo verificare che contiene molti più recettori per i cannabinoidi di qualsiasi altra sostanza.

Perché le cellule del nostro cervello sono così “interessate” ad indentificare e ricevere i cannabinoidi?

Tanja Bagar afferma che, dopo molte ricerche, è stato possibile determinare come funziona il sistema endocannabinoide. Risulta che questo insieme di recettori CB1 e CB2 distribuito nel nostro organismo, attraverso la sua interazione con gli endocannabinoidi e/o i cannabinoidi, influenza varie funzioni del nostro organismo come:

Il sistema immunitario
La pressione sanguigna
I processi di osmosi (regola i nostri livelli di acqua a livello cellulare o del nostro organismo in generale)

Il ruolo del sistema endocannabinoide nel nostro corpo è quello di garantire che questi funzioni in omeostasi. L'omeostasi sono i diversi processi biologici che il nostro organismo realizza affinché tutte le aree funzionino insieme e si mantenga un sano equilibrio. In breve, l’omeostasi sarebbe la tendenza del nostro corpo a mantenere l'equilibrio e la stabilità interni.

Facciamo un esempio per capire meglio che cos’è esattamente l'omeostasi: quando un virus attacca il nostro organismo, sbilanciandolo e facendo sì che ci ammaliamo, si attivano diversi sistemi per avviare una serie di processi (febbre, sudorazione) al fine di combattere il virus e ritornare all'equilibrio di tutte le funzioni e degli organi il più presto possibile, ritornare all’omeostasi, il corretto funzionamento di tutti i componenti che formano la nostra macchina.

È così che i cannabinoidi influenzano la nostra felicità, attraverso l'interazione con i vari recettori che regolano le funzioni del nostro organismo, come ad esempio:

L’appetito
Il sonno: influenza la produzione di melatonina, che a sua volta influenza i livelli di altre molecole come la serotonina.
Il rilassamento

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6 Anni 9 Mesi fa - 6 Anni 9 Mesi fa #56209 da Clara
Risposta da Clara al topic L'ABC DEL SISTEMA ENDOCANNABINOIDE
Alla ricerca della felicità: cannabinoidi e altre molecole: parte 2

Così come abbiamo spiegato nella prima parte di questo post, la ricerca della felicità è una caratteristica tipica della nostra specie. Tuttavia, il modo in cui proviamo allegria, benessere e soddisfazione potrebbe essere più legato a fattori biologici che non a condizionamenti esterni. Quante volte ci siamo chiesti: “Perché non sono felice se in teoria dovrei esserlo?”. È evidente che sui livelli di felicità di ciascuno individuo intervengono vari fattori, tuttavia, la scienza dimostra che il nostro stato d’animo dipende, in gran parte, da determinate sostanze che sono prodotte e/o ricevute dal nostro cervello. La Dottoressa Tanja Bagar ci propone di dare un’occhiata alla biochimica della felicità. Hai voglia di farlo? Andiamo!

Cos’è la felicità?

Poiché oggigiorno ci troviamo ad affrontare casi sempre più numerosi di depressione, ansia e altri disturbi dello stato d’animo, la ricerca fondata sul collegamento tra il sistema endocannabinoide e gli stati emotivi è di fondamentale importanza. La felicità descritta in termini scientifici è definita da due parametri, uno temporale chiamato edonia e l’altro estatico chiamato eudemonia(Berridge at al, 2011):

Edonia: misura il livello di soddisfazione che siamo in grado di ottenere in determinati momenti della nostra vita. Ad esempio, guardando un film che ci è piaciuta molto, dopo un buon pasto, dopo aver trascorso dei momenti piacevoli con i nostri amici, ecc. È influenzata in larga misura dalle circostanze e da segnali ambientali acuti.

Eudemonia: si tratta di un termine generale per misurare quanto siamo soddisfatti della vita a grandi linee, ovvero, facendo un bilancio generale della nostra esperienza di vita.

Ci sono fattori che influenzano i livelli di edonia (quanto godiamo di una situazione in concreto), e altri che influenzano l’eudemonia, (ovvero quanto ci sentiamo bene nella nostra vita in generale). Esistono studi che indicano che il sistema endocannabinoide è coinvolto in entrambi gli aspetti, modulando la sensibilità dinnanzi a stimoli positivi e agendo come un sistema di ammortizzazione che attenua le emozioni negative (Matsunaga et al, 2014).

Dove è generata la felicità?

Vi sono delle regioni nel nostro cervello che sono responsabili del nostro stato d’animo, queste aree cerebrali sono chiamate Hedonic Brain Hotspots. Al fine di svelare il funzionamento di tali aree, è stato realizzato uno studio con dei gruppi di individui che sono stati esposti sia a stimoli negativi sia a stimoli positivi al fine di osservare la risposta dell’attività neuronale di queste aree. (Smih et al., 2007).

Il risultato di tale studio ha decretato che dopo aver ricevuto lo stimolo positivo (un film che piaceva all’individuo, ad esempio), queste aree del cervello si sono attivate. In questo modo, è stato possibile stabilire quali regioni del nostro cervello sono coinvolte nel nostro stato d’animo, nella sensazione di felicità. È stato osservato, inoltre, che queste zone sono quelle che hanno una maggiore densità di recettori di cannabinoidi e sono anche quelle incaricate di produrre gli endocannabinoidi. È stato stabilito così un collegamento fisico tra il sistema endocannabinoide e come e a che livello siamo in grado di provare felicità e appagamento.

Lo stress, il nemico numero uno della felicità

La scienziata afferma che quando si tratta di raggiungere la felicità, lo stress è uno dei nostri peggiori nemici. Quando soffriamo di stress si crea uno squilibrio nel nostro organismo e, per recuperarlo, il nostro corpo produce endocannabinoidi. Dei risultati recenti hanno dimostrato l’importanza di aver riscontrato gli endocannabinoidi nelle risposte allo stress, poiché è stato scoperto che gli endocannabinoidi modulano diverse componenti della risposta adrenocorticale (Wang et al, 2015).

Spiegato in modo più semplice, in una situazione di stress puntuale, il nostro cervello produce endocannabinoidi per cercare di tornare all’equilibrio (omeostasi), che arrivano ai recettori, svolgono la funzione per cui sono stati creati e spariscono. Nel nostro corpo non abbiamo endocannabinoidi in grandi quantità per un periodo di tempo prolungato. Si tratterebbe di una specie di iniezione riparatoria che genera il nostro organismo al fine di tornare a recuperare il corretto equilibrio di tutte le funzioni.

Varie ricerche hanno dimostrato che quando soffriamo di situazioni puntuali di stress e il nostro organismo le risolve nelle modalità appena illustrate, lo stesso episodio di stress risulta benefico per il nostro corpo. Tuttavia, lo stress cronico, (situazioni di stress che si ripetono più volte per un periodo di tempo prolungato), può provocare delle disfunzioni nel sistema endocannabinoide che comportano delle conseguenze negative per la nostra salute. Dopo 40 giorni ininterrotti di stress, quest’ultimo può essere classificato come cronico ed è a partire de questo momento che il sistema endocannabinoide inizia a non funzionare (Wang et al, 2015).

Ciò che è possibile osservare solitamente nei casi di stress cronico è che le persone che ne soffrono perdono l’appetito, subiscono una diminuzione della massa corporea e acquisiscono abitudine più sedentarie. Dopo 40 giorni consecutivi di stress si iniziano ad osservare dei cambiamenti anatomici, uno di essi è che la ghiandola surrenale, che è quella incaricata di produrre il cortisolo (uno degli ormoni incaricati di aumentare i livelli di zucchero nel sangue, di sopprimere il sistema immunitario e di diminuire la formazione ossea) aumenta le proprie dimensioni e il proprio peso. Si osserva anche che la ghiandola timo, relazionata con le funzioni del sistema immunitario, si rimpicciolisce. È in questo modo che le funzioni di queste due ghiandole primarie iniziano a cambiare.

Seconda quanto affermato dalla ricercatrice, lo stress cronico finisce per coinvolgere tutto il nostro organismo e riduce considerevolmente i nostri livelli di “felicità”, visto che regola annientandolo il sistema endocannabinoide, e dà luogo a sintomi simili a quelli della depressione.

Come riesce lo stress a influenzare il nostro organismo?

Dei risultati recenti dimostrano che il sistema endocannabinoide svolge un ruolo importante di segnalazione degli endocannabinoidi nelle risposte allo stress. Gli effetti dello stress sono diversi nelle diverse zone del cervello, ma è stato dimostrato che rallenta significativamente il sistema endocannabinoide dei punti critici edonici del cervello (Wang et al, 2015). In altre parole, lo stress cronico produce dei cambiamenti biochimici nel nostro cervello che ci fanno sentire infelici.

In questo processo gioca un ruolo molto importante ciò che è noto come l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA). Un insieme di influenze dirette e di interazioni tra l’ipotalamo, la ghiandola pituitaria, e la sopra citata ghiandola surrenale. Si potrebbe dire che l'asse HPA è "la cascata di stress", che ha origine nell'ipotalamo (una regione del cervello), che attiva la ghiandola pituitaria, e questa a sua volta attiva la ghiandola surrenale, la quale produce cortisolo, una sostanza che fa sentire fisicamente le conseguenze dello stress. A sua volta, il cortisolo rilasciato dalla ghiandola surrenale influenza la ghiandola pituitaria e torna verso l’ipotalamo, chiudendo un ciclo di stress che si alimenta da solo e che, quindi, si ripete più e più volte diventando cronico (Wang et al, 2015).

Tanja Bagar afferma che ogni elemento coinvolto in questo processo è relazionato con il sistema endocannabinoide, quindi se in una persona che soffre di stress cronico, all'origine del ciclo, il sistema endocannabinoide avesse funzionato correttamente, questi si sarebbe potuto attivare e prevenire una reazione così alta dell’ipotalamo dinanzi allo stress. Anche se ci concentrassimo soltanto sulla ghiandola surrenale, se questa persona avesse avuto un sistema endocannabinoide che funzionasse correttamente, questo l’avrebbe protetta creando molto meno cortisolo. È in questo modo che il sistema endocannabinoide ci protegge dai processi biologici che possono minare la nostra felicità (Morena M, S Patel, JS Bains, Hill MN).

Como possono i cannabinoidi aiutare a combattere la depressione?

Fino a poco tempo si pensava che la depressione fosse un problema legato a uno squilibrio biochimico, si credeva che la causa principale fosse la mancanza di produzione di serotonina e pertanto gli sforzi delle aziende farmaceutiche era focalizzato sulla progettazione di farmaci che potessero influenzare i livelli di tale sostanza. Ma non è così semplice.

La Dr.ssa Bagar afferma che lo stress cronico provoca cambiamenti fisici anatomici nel nostro cervello, facendo sì che le cellule situate nella corteccia pre-frontale del cervello inizino a morire. Questa inibizione dell'attività neuronale fa sì che le cellule ricevano meno serotonina del normale e questo influenza il nostro stato d’animo.

Al fine di verificare se i cannabinoidi, e in questo caso in particolare il CBD, possano essere un trattamento efficace per la depressione, è stato realizzato uno studio con due gruppi di topi che sono stati sottoposti ripetutamente a stress finché non hanno raggiunto uno stato di depressione. I topi sono stati divisi in due gruppi, neri e bianchi: ai neri è stato somministrato del CBD e ai bianchi no.

Il risultato è stato che i topi con stress che hanno ricevuto il CBD hanno mantenuto la loro attività neuronale quasi uguale rispetto a prima di subire lo stress e non hanno praticamente mostrato alcun cambiamento fisiologico. L’esatto contrario rispetto ai topi che non hanno ricevuto dosi di CBD (Campos et al., 2013).

Secondo quanto afferma la scienziata, questo studio dimostra che il CBD funziona come antidepressivo e ansiolitico perché evita i cambiamenti fisici che si verificano nel cervello provocati dai cicli di stress e dalla depressione. Sembra che il CBD in un cervello sano possa prevenire l'apoptosi neuronale (morte programmata delle cellule).

Come possiamo far sì che il nostro sistema endocannabinoide funzioni correttamente?

Con le pressioni della società moderna che aumentano sempre più ogni giorno, il nostro sistema endocannabinoide è esposto a più sfide che mai (stress, tossine ambientali, minacce microbiche, ecc.), il nostro diritto umano fondamentale di mantenerci sani è in grave pericolo. La Dr.ssa Bagar indica che la ricerca scientifica in questo campo ci ha fornito una straordinaria quantità di dati che possono essere molto utili. Dati che mostrano che alcuni farmaci possono far sì che il nostro sistema endocannabinoide non funzioni correttamente, farmaci comuni come il paracetamolo, che blocca la decomposizione dell'anandamide (Dania et al, 2007), o l’interruzione della segnalazione del sistema endocannabinoide attraverso la somministrazione cronica di acetaminofene, che può anche causare sintomi del disturbo dello spettro autistico nei bambini (Schultz, 2010). Ci sono persino delle ricerche recenti che suggeriscono che i geni che codificano i recettori cannabinoidi hanno un ruolo importante nel livello di felicità proviamo e nella grandezza della nostra risposta agli stimoli positivi (Matsunaga et al, 2014).

Gli alimenti che scegliamo di mangiare, gli integratori (probiotici, acidi grassi Omega 3) che prendiamo, e la varietà di cibi e bevande che consumiamo, incidono sul livello di endocannabinoidi e di recettori cannabinoidi che il nostro organismo genera (Schrieks et al, 2015). Così come gli alimenti e i prodotti farmaceutici che consumiamo influenzano gli enzimi anabolici e catabolici responsabili della costruzione e della degradazione sia dei composti cannabinoidi endogeni che di quelli esogeni (McPartland et al, 2014). Alcuni alimenti come l'olio extra vergine di oliva contengono composti fenolici che possono stimolare l'espressione dei recettori cannabinoidi (Di Francesco et al, 2015) ed è stato dimostrato che anche il massaggio e l'esercizio aerobico aumentano i livelli di endocannabinoidi. Persino l'agopuntura e il digiuno modulano il sistema endocannabinoide (McPartland et al, 2014).

I mezzi per ricercare la felicità sono tanto personali quanto lo stesso sistema endocannabinoide, la nostra percezione e valutazione emozionale dell'ambiente determinano, in larga misura, le nostre reazioni fisiologiche. Le stesse circostanze che possono calmare alcuni, possono essere stressanti per altri. Ma la biochimica alla base della felicità rimane la stessa, con gli endocannabinoidi e il sistema endocannabinoide che svolgono un ruolo fondamentale per il benessere a lungo termine di tutti gli individui. In questo caso, l'ignoranza non è una benedizione.

www.dinafem.org/it/blog/felicita-cannabinoidi-parte2/
Ultima Modifica 6 Anni 9 Mesi fa da Clara.

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