Le infezioni da patogeni comuni contratte in passato aumentano il rischio di disturbi cognitivi, almeno secondo uno studio svolto presso la Columbia Universitydi New York e pubblicato su Neurology.
«La ricerca dimostra che l’infiammazione infettiva gioca un ruolo di concausa nella patogenesi dell’ictus ischemico, dell’aterosclerosi e della demenza» dice Mitchell Elkind, professore associato di neurologia alla Columbia e coordinatore dello studio.
E spiega: «Le infezioni batteriche e virali possono diffondersi alle pareti dei vasi provocando il rilascio di citochine, modificando il metabolismo lipidico, e contribuendo in diversi altri modi alla disfunzione vascolare».
Per esempio, i processi infettivi da virus come Herpes simplex tipo 1 (Hsv-1) e Citomegalovirus (Cmv), e da batteri, quali Chlamydia pneumoniae ed Helicobacter pylori, risultano legate a doppio filo alla malattia di Alzheimer , che comporta un deficit cognitivo.
«Da precedenti analisi del Northern Manhattan Study (Nomas), un trial prospettico sui fattori di rischio dell’ictus svolto dalla Columbia sulla comunità dell’area nord di Manhattan, emerge che la misura sierologica del tasso di infezioni passate si lega al rischio di ictus e aterosclerosi carotidea» riprende Elkind.
E il danno cerebrale, con i fattori di rischio vascolare, si associa a un aumentato rischio di Alzheimer e altre demenze.
«La nostra ipotesi era che la misura sierologica del tasso di infiammazione cronica dovuta ai sopraelencati agenti infettivi non aumentasse solo il rischio di ictus, ma anche di demenza» sottolinea il neurologo, che insieme ai colleghi ha verificato se tra più di 1.500 partecipanti alNomas vi fosse un legame tra sierologia per Hsv-1 e 2, Cmv, C. pneumoniae e H. pylori, e la valutazione cognitiva ottenuta con il Mini-Mental State Examination(Mmse) all’inizio dello studio e il Telephone Interview for Cognitive Statusmodificato (Tics-m) al follow-up annuale.
«L’ipotesi microbi-demenza è reale, e in attesa di studi su terapie specifiche, è opportuno valorizzare strategie preventive quali vaccinazione, trattamento ed eradicazione precoce delle infezioni» osserva in un editoriale di commento Timo Strandberg, geriatra dell’Università di Helsinki.