Un bel brano di Manlio Sgalambro "Tra rinuncia e sciupio". Letto dalla sua voce è meraviglioso.
Il Rapporto con le Cose
«La grigia routine del mondo sociale, dolore, noia, scambio ingiusto, resta ancora la grande questione. Allo stato dei fatti l'unica etica percorribile sembra ancora la rinuncia, ma in realtà anche qui si tratta di tenere i nervi a posto. Adoperare il metro di un sapere che non solo si accorga dei grandi limiti, ma anche dei piccoli. La massa del desiderabile che una volta era limitato a una mela, a una donna, alle terre del vicino, oppure alla luna si è allargata a dismisura. Il rapporto con le cose diventa un rapporto pari almeno a quello con gli individui, mentre anche il rapporto con gli animali è minutamente redatto; di quello con le cose però non si sa nulla. Anzi non si sa granché delle cose. Esse sono là, dietro spesse vetrine, oppure stanno in enormi spazi ben disposti e luccicanti. Un abito serve a vestirsi, ma l'abito che si vede dietro le vetrine è un abito alla seconda potenza, non serve a vestirsi, anzi non serve a niente. O meglio serve a soddisfare il desiderio che suscita. Questi occhi avidi, mai sazi, inseguono le minute volute delle cose e si ingozzano di precarie immagini. Davanti a queste cose, se non si consumassero si accumulerebbero, non semplicemente il desiderio, ma ciò che Bossuet chiama spietato la concupiscenza . Davanti a questa enorme massa di cose, l'etica della rinuncia accusa la sua impotenza, si tratta veramente di vuotare il mare. I vostri occhi sono viziati scrive Bossuet, nel trattato sulla concupiscenza. Non potete sopportare la modestia, né gli ornamenti dimessi, voi sfoggiate i vostri lussuosi arredi, gli abiti sontuosi, i magnifici palazzi e che cos'è tutto questo se non ostentazione di abbondanza e desiderio di distinguersi per mezzo di cose vane! L'etica della rinuncia non si accorge che la concupiscenza è desiderio non soddisfatto, e quindi esasperato. Bisogna soddisfarlo. Il desiderio soddisfatto giace come una spoglia morta. Comunque a questo alcunché che ti prende alla gola, la risposta adeguata non è più la rinuncia, ma lo sciupio. Lo sciupio vuole togliersi da torno questa marea che sale di cose che ti saltano addosso e ti invadono. Lo sciupio vuole toglierle di mezzo: solo consumandole si possono levare di torno.
Nel consumo essi bruciano come falò. Il malinconico individuo che si reca in un negozio e compra come un disperato, insegue l'illusione di bruciare con un solo atto la vanità. Le cose si moltiplicano sotto i suoi occhi come cellule malsane, nel consumo è come se egli ingaggiasse una lotta a morte contro di esse. Stupito e incerto l'individuo non sa che pesci pigliare, e oscilla tra rinuncia e sciupio, ma nei suoi atti si legge egualmente il suo oroscopo. Consumare tutta la civiltà dal di dentro, questo si legge nei suoi stupidi atti. Senza saperlo, egli ubbidisce al sapere assoluto.»