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In un forum che tratta di salute e malattie, può succedere che improvvisamente qualcuno offra la soluzione tanto agognata, via mail o via messaggio privato.
DIFFIDATE sempre, controllate, ricercate e chiedete. Chiedete ad altri foristi se per caso conoscono questo prodotto, chiedete se esistono dei test e delle testimonianze attendibili.

Al contrario di quanto si credeva nei tempi passati, oggi corpo e mente non sono più due mondi se­parati, ma sono due par­ti, in continua influenza reciproca, di un tutt’uno. L’uomo quindi è oggi considerato in tutta la sua unità somato – psi­chica, se l´intero sistema integrato di mente, corpo ed emozioni, che costituisce l´intera persona, non converge in direzione della salute, allora gli interventi puramente fisici possono non avere successo (Dott. O. Carl Simonton)

Domanda Aiutare gli altri fa bene alla salute e al cuore!

  • Matias
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3 Anni 1 Mese fa #66989 da Matias
La scienza conferma: aiutare gli altri fa bene alla salute e al cuore



Che cosa dobbiamo intendere per prosocialità? E c’è un legame fra prosocialità e benessere?

Il legame tra prosocialità e benessere è ormai ben documentato in letteratura: avere dei comportamenti altruistici nei confronti degli altri non porterebbe solo benefici a coloro che ricevono, ma anche a coloro che danno. Coloro che praticano l’aiuto, la compassione, la cooperazione, la gentilezza e la generosità (i cosiddetti “giver”) risultano infatti più felici di coloro che non lo fanno, oltre ad avere una miglior salute mentale e pure fisica.


Lo studio - Che cos’è la prosocialità?

Una nuova metanalisi, da poco pubblicata sulla rivista Psychological Bulletin e condotta da un team di ricercatori dell’Università di Hong Kong, ha analizzato i risultati di 200 ricerche che si sono occupate a vario titolo di questo tema, per un totale complessivo di circa 200 000 partecipanti. Non solo lo studio ha confermato la presenza di un effetto positivo, di entità moderata, tra comportamento altruistico e benessere, ma ha anche approfondito alcune variabili che potevano svolgere il ruolo di moderatori. Infatti, non tutti gli atti altruistici genererebbero lo stesso livello di benessere, così come giocherebbero un ruolo l’età, il genere del giver e anche il concetto di benessere a cui si fa riferimento.


Le azioni spontanee generano maggiore felicità

Per esempio, lo studio ha scoperto che gli atti spontanei (“informali”) e casuali di altruismo, come aiutare un vicino anziano in difficoltà con la spesa, avevano un effetto più potente sul benessere soggettivo rispetto ad atti più “formali”, come fare volontariato per un ente benefico una volta alla settimana in un orario prestabilito. Secondo i ricercatori, ciò potrebbe essere connesso al fatto che gli atti di altruismo e gentilezza informali condurrebbero più facilmente alla nascita di legami sociali, che hanno un forte impatto sul livello di felicità. Contemporaneamente, la natura meno routinaria degli stessi atti informali scongiurerebbe il rischio di percepire tale attività come monotona.

Anche l’età è risultata un fattore importante, con i giver più giovani che hanno riportato livelli più elevati di benessere generale e salute psicologica, e i giver più anziani che hanno mostrato di beneficiare maggiormente in termini di miglioramento della salute fisica. Per quanto riguarda il genere, le donne hanno mostrato un’associazione più forte tra comportamenti prosociali e percezione di benessere rispetto agli uomini.


Essere di aiuto agli altri dà significato alla vita

È stato esplorato anche l’impatto della prosocialità sul benessere distinguendo l’effetto eudaimonico (relativo alla ricerca di significato della vita) da quello edonico (aumento della felicità e delle emozioni positive).

Il primo è risultato prevalere sul secondo, a significare che essere di aiuto agli altri, più che incrementare il livello di felicità, trasmetterebbe alle persone la sensazione di aver fatto qualcosa di significativo, tale da rendere la vita degna di essere vissuta.


Prosocialità: ci sono limiti?

Secondo Bryant Hui, autore principale dello studio, ricerche successive potrebbero esaminare l’eventuale ruolo di altri moderatori, come l’etnia o la classe sociale, nonché se esiste un “livello ideale” di comportamento prosociale, oltre il quale troppa gentilezza finisce per avere un effetto negativo sulla persona. Fino a quell’eventuale momento, non risparmiamoci nel dare a piene mani!





Bene, il tutto conferma il vecchio adagio "chi mangia da solo si strozza" :lol:

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