Il magnesio è fortemente vincolato ai valori di minerali quali il ferro, il manganese, lo zinco, il potassio e il calcio.
Magnesio e calcio coadiuvano nella modulazione della frequenza del battito cardiaco.
Magnesio e calcio regolano i processi cardiovascolari.
Malgrado questo intimo, vicendevole supporto, è ben noto che una spropositata assunzione di magnesio possa esitare in un malassorbimento dei livelli di calcio.
Per esplicitare meglio il concetto, le dosi in eccesso di magnesio (evenienza questa per soggetti sani o con particolari patologie, quali, per es., l’ipertensione, assai rara!!!) sono assimilate a tutto svantaggio di quelle di calcio.
Parimenti, i deficit di magnesio (si pensi agli alcolisti e ai loro declassati valori di questo minerale nel flusso ematico), come gli eccessi, interferiscono nel metabolismo del calcio, determinandone carenza nel circolo sanguigno.
Per lo più, comunque, le carenze di calcio sono riconducibili a:
- malfunzionamento paratiroideo;
- acidosi metabolica;
- deficit cronico dei reni;
- deficit di vitamina D;
- scarsi valori ematici di magnesio (per come già scritto).
Del resto, le ossa sono una fonte discreta di calcio, anche se poi si arriva, in soggetti con un protratto stato di acidosi, all’osteoporosi.
L’operato dei minerali a livello organico è modulato da bilanciamenti alquanto delicati, in virtù dei quali uno stesso minerale può risultare sinergico oppure antagonista nei confronti dell’assimilazione del calcio, proprio in base alla quantità risultante all’interno del corpo.
Il magnesio regola la circolazione del calcio sia nelle situazioni fisiologiche sia in quelle fisiopatologiche; l’incremento di magnesio durante gli episodi ischemici o d’ipossia produce ripercussioni inibitorie sui canali L del calcio; la circolazione del calcio è dunque bloccata diminuendo così il “guasto” a carico della cellula miocardica.
Il magnesio extra-cellulare lo si è ritenuto per molto tempo un “calcioantagonista”, bloccante il calcio all’interno delle cellule eccitabili.
Adesso, si ritiene che questo sale svolga nell’extracellulare due importanti processi nella inibizione del calcio:
- un’affinità selettiva delle cariche negative cellulari verso il magnesio a tutto svantaggio del calcio;
- una competizione con il calcio per un sito a livello del canale stesso.
Il magnesio in dosi eccessive può depletare il raccoglimento endogeno cellulare del calcio, inibendone il rilascio da parte del reticolo sarcoplasmatico.
Il magnesio è anche indispensabile per la produzione dell’ormone paratiroideo (PTH), il quale concomita nel conservare un equilibrio stabile del calcio.
Bene: elevati valori di magnesio (o di calcio) inibiscono la produzione di PTH, ormone ipercalcemizzante che, tra le altre, agendo sul fronte renale, enterico e osseo:
- accresce la ri-assimilazione renale di Ca2+;
- stimola la fabbricazione della vitamina D3 dalla D2 nel livello renale;
- incrementa l’assimilazione enterica di calcio.
Il magnesio lo si utilizza anche per rimuovere la sovrabbondanza di calcio all’interno dell’organismo: esso è infatti nella capacità di azzerare tutti i depositi e le calcificazioni di calcio del corpo: vedi il magnesio nei confronti delle calcificazioni a carico delle valvole cardiache (chi ha orecchi per intendere, intenda!).
A proposito, ricordo anche di aver letto:
“ …
Invece non concordo per l'ipertensione, anzi, serve proprio ad abbattere la ipertensione,
mentre sarebbe da evitare l'eccesso in presenza di bassa pressione perché il magnesio la renderebbe ancora più bassa”.
Questo assunto non è veritiero: il magnesio è un regolatore della pressione sanguigna, per cui è adatto anche agli ipotesi e non solo agli ipertesi!!!
Oltre a fattori intrinseci come l'ereditarietà, la dieta e gli ormoni (per es., il carcinoma mammario è più frequente nelle donne che hanno un’esposizione agli estrogeni maggiormente prolungata nel corso della loro vita mentre le gravidanze proteggono dai tumori), gli studi scientifici indicano tra i principali fattori estrinseci che contribuiscono allo sviluppo del cancro i prodotti chimici (per es., il fumo), le radiazioni ionizzanti e i microrganismi patogeni quali i virus o i batteri.
Alcuni atomi emettono radiazioni, un tipo d’energia che viaggia attraverso lo spazio.
L'esposizione prolungata o ripetuta a certi tipi di radiazioni può causare il cancro.
Il cancro causato dalle radiazioni ultraviolette del sole è più comune nei soggetti che passano molte ore sotto la forte esposizione ai raggi solari.
La radiazione ultravioletta della luce solare è un tipo di radiazione a bassa resistenza.
Un efficace sistema per proteggersi dalle radiazioni ultraviolette e per prevenire il cancro della pelle è, per es., quello di evitare di prendere il sole nelle ore caldissime delle giornate estive e di usare indumenti idonei e creme solari per ridurre il rischio in tal senso.
Tassi più elevati di cancro sono stati invece individuati nelle persone esposte a radiazioni ad alta resistenza, come i raggi X o le radiazioni emesse dagli atomi instabili chiamati radioisotopi.
Poiché questi due tipi di radiazioni sono più forti dei raggi ultravioletti, essi possono penetrare attraverso i vestiti e la pelle nel corpo.
Pertanto, le radiazioni ad alta resistenza possono causare tumori di tessuti interni.
Il cancro causato dalle esplosioni atomiche e i tumori provocati da un'eccessiva esposizione a sostanze chimiche radioattive ne sono purtroppo una tangibile, ferale testimonianza.
La fruibilità di UVB già alla latitudine di 40 gradi Nord e Sud (Cagliari è a 39,2 gradi N, Palermo è a 38,1 gradi N, Reggio Calabria è a 38,1 gradi N, Potenza è a 40 gradi N, Taranto è a 40,5 gradi N, Napoli è a 40,9 gradi N, Campobasso è a 41,6 gradi N, Teramo è a 42,7 gradi N, Roma è a 41,9 gradi N, Ancona è a 43,6 gradi N, Perugia è a 43,1 gradi N, Firenze è a 43,8 gradi N, Reggio Emilia è a 44,7 gradi N, Trento è a 46,1 gradi N, Trieste è a 45,6 gradi N, Venezia è a 45,4 gradi N, Milano è a 45,5 gradi N, Genova è a 44,4 gradi N, Torino è a 45,1 gradi N, Aosta è a 45,7 gradi N) è inadeguata per la sintesi di vitamina D nel periodo che va, più o meno, da novembre a febbraio/marzo.
Spostando l’alzo di 10 gradi nei due sensi, l’inadeguatezza si amplia ancor più e si protrae da metà ottobre a metà marzo.
Tra i più colpiti da insufficienza di vitamina D figurano i neonati che non fruiscono di un'adeguata esposizione alla luce solare e che sono alimentati col latte artificiale non fortificato con vitamina D, soprattutto se nati verso fine autunno, le persone anziane che prendono poco sole, in quanto con l'età si riduce la capacità di sintesi della D da parte dell'organismo esposto alla luce solare, gli Africani o gli Indiani, scuri di carnagione, i quali risiedono nel nord o nel sud degli USA, perché la loro pelle ha una ridotta capacità di sintesi della vitamina D, le donne Arabe che rivestono totalmente il proprio corpo quando sono all'aria aperta, gli affètti da fibrosi cistica e da colestasi epatica (condizione di ristagno biliare nella colecisti o nei canali biliari intraepatici ed extraepatici), patologie entrambe che arrecano una scarsa assimilazione della D dietetica, coloro che presentano dei processi enterici infiammatori (per es., il morbo di Crohn), soprattutto se sono stati sottoposti a resezioni del tenue, i soggetti con grave deficit renale, perché non sono in grado di trasformare il calcidiolo in calcitriolo (forma attiva della D), gli affètti da un'infrequente patologia genetica che destabilizza la funzione dell'enzima 1-idrossilasi a livello renale e quindi il processo di conversione del calcidiolo in calcitriolo, gli epilettici per via dell'assunzione di prodotti anticonvulsivanti (fenitoina, ...) che si ripercuotono sul ricambio nel fegato della D.
Tanto il PTH (ormone paratiroideo) quanto il calcitriolo sono i rilevatori ematici del nostro organismo: essi ci segnalano l'adeguato, corretto apporto di vitamina D.
Per es., valori superiori di PTH e inferiori di calcidiolo nel flusso ematico sono indice d'una ridotta densità minerale ossea nei soggetti anziani.
Infatti, è certo che un deficit o un “cattivo” ricambio della vitamina D abbia una significativa incidenza nell'osteoporosi.
Alcune evidenze mostrano che già un'integrazione di 400 U.I. di vitamina D in donne in post-menopausa, viventi a latitudini tali da non avere alcuna sintesi da irraggiamento solare nel periodo novembre-marzo, produceva un calo nella perdita di massa ossea a livello di spina lombare.
Non citerò analoghe ricerche che hanno dato esiti similari, limitandomi alla conclusione che una supplementazione da 400 a 800 U.I. di vitamina D può diminuire sia la perdita ossea sia il rischio di fratture, particolarmente nelle donne e negli anziani, purché associata a un giusto consumo di calcio, stimato tra 1 g e 1,5 g al giorno.
Come si sa, le cellule neoplastiche presentano la duplice caratteristica di non possedere alcuna differenziazione e di accrescersi o riprodursi velocemente.
Molti cancri (pelle, polmone, seno, ossa, colon) presentano il VDR (recettore per la vitamina D): bene determinate forme biologicamente attive di D3 (calcitriolo, ...) inducono differenziazione cellulare e/o inibiscono la proliferazione di certi tipi di cellule neoplastiche e non.
Con l'avanzare degli anni, cresce il pericolo di cancro alla prostata.
Certi studi mostrano che tale rischio è maggiore negli Afro-Americani piuttosto che negli Americani bianchi, perché la pelle scura ha un'alta presenza di melanina che declassa l'efficacia nella sintesi della vitamina D.
Nel cancro del colon, un maggior rischio d'esso si collega proprio a uno scarso irraggiamento solare sulla pelle e quindi a un'insufficienza di vitamina D: addirittura, integrando quotidianamente 160 I.U., ossia 4 mcg (microgrammi) soltanto di questa vitamina, si riesce a ridurre il pericolo di contrarre tale patologia.
I valori di [25(OH)D3], calcidiolo, nel siero sono un valido indicatore per i livelli della vitamina D; dei bassi valori sono riferibili a una superiore possibilità di contrarre un adenoma colorettale, direi precanceroso, o un cancro del colon.
Si è anche osservato in colture cellulari come la proliferazione delle cellule neoplastiche (almeno di certi tipi) sia fermata dal calcitriolo.
L'esposizione alla luce solare e una supplementazione di vitamina D alimentare connotano una diminuzione del pericolo di contrarre un cancro mammario.
Ciò detto, credo sia fondamentale rinverdire il concetto che una protratta supplementazione di alte quantità di vitamina D possa generare tutta una serie di negative ripercussioni, tanto maggiori se le assunzioni farmaceutiche sono di calcitriolo, il quale sfugge ai processi di sorveglianza fisiologica che ne riducono la sua fabbricazione nel livello renale, come vedremo meglio in seguito.
L'integrazione di vitamina D può servire per la prevenzione e la cura dell'osteoporosi: l'introduzione di 1000 U..I al giorno (25 mg) di vitamina D al bifosfonato può esitare nel tempo d'un anno in un'apprezzabile crescita della densità minerale ossea a livello lombare della colonna vertebrale.
Nel cancro della prostata, anche se il processo non è chiaro, il calcitriolo inibisce lo sviluppo della neoplasia su colture cellulari e si rivela particolarmente utile per tale patologia, anche se l'immissione di quantità farmacologiche di calcitriolo presenta il pericolo di negative ripercussioni collaterali, anche piuttosto importanti.
Nelle malattie autoimmuni (diabete mellìto insulino dipendente, sclerosi multipla, artrite reumatoide) si è osservato che il calcitriolo regola la risposta dei linfociti T, riducendo quella autoimmune.
Raffaele