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Domanda Sulle vitamine e sui minerali.

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11 Anni 11 Mesi fa - 11 Anni 11 Mesi fa #8303 da Raffaele/Michelangelo
Sulle vitamine e sui minerali. è stato creato da Raffaele/Michelangelo
Della Niacina (Vitamina B3).

Come sappiamo è una vitamina idrosolubile.

Il vocabolo riguarda sia la Nicotinamide sia l’Acido nicotinico, l’una e l’altro impiegati per generare gli enzimi NAD (Nicotinamide Adenina Dinucleotide) e NADP (Nicotinamide Adenina Dinucleotide Fosfato), implicati in tante reazioni di deidrogenazione all’interno delle nostre cellule.

Considerate, adesso, che tutti gli esseri viventi ricavano le loro energie dalle reazioni di ossido-riduzione, meccanismi d’azione che implicano la migrazione di elettroni, e che non meno di 200 enzimi necessitano dei coenzimi sopra detti per ricevere o cedere elettroni necessari alle reazioni di ossido–riduzione.

Così, avviene che il NAD operi principalmente a livello delle reazioni inerenti la degradazione lipidica, protidica, carboidratica e dell’alcool al fine di sviluppare energia, mentre il NADP partecipi a reazioni biosintetiche (sintesi del colesterolo e degli acidi grassi).

Il NAD è anche implicato, come reagente, in una fondamentale attività di non ossido-riduzione, relativa a due classi di enzimi che scindono la Niacina dal NAD+ e spostano l’ADP ribosio alle proteine (ADP ribosilazione).

Una pericolosa insufficienza di Niacina genera la Pellagra, patologia accomunata ai ceti meno abbienti, anche quelli del sud-America nei primi del 1900, la cui basilare risorsa nutrizionale erano i cereali, quali il granturco o il sorgo.

Tuttavia, negli stati mesoamericani la Pellagra non attecchì, pur essendo il granturco un alimento primario per le classi umili.

Sapete perché?

Il granturco ha una significativa dose di Niacina, ma in una formulazione non bioassimilabile dagli umani.

Diversamente, le tortillas di granturco richiedono l’affogamento in acqua di calce o, se preferite, in ossido di calcio, prima di essere cotte al fine di renderle mangiabili (come ben sapevano prima dei Messicani, gli Aztechi e i Maya) e ciò, ossia nutrirsi di granturco in soluzione basica, dà biodisponibilità di Niacina.

Le carenze di Niacina interessano la cute, l’apparato digerente e il sistema nervoso.

La pellagra era conosciuta come la malattia delle quattro D: dermatite, diarrea, demenza e death (morte in inglese).

Il termine proviene dal modo di dire italiano di “pelle agra”, cioè ruvida, grezza.

Sulla cute, nelle zone maggiormente esposte ai raggi del sole, compare un massiccio sfogo, scaglioso e di colore scuro, con sintomi di vomito, diarrea e lingua rosso-splendente per ciò che attiene l’apparto digerente, mentre mal di testa, torpore, fiacchezza, depressione, smarrimento e perdita della memoria, relativamente al settore neurologico.

Non curata, superfluo aggiungere che sia letale.

Anche L-Triptofàno può provvedere nell’organo epatico alla sintesi del NAD, in concomitanza con taluni enzimi che necessitano sia della B6 sia della Riboflavina (B2) sia dell’eme (ferro).

Assumendo 60 mg di L-Triptofàno si arriva ad assimilare 1 mg di Niacina; tuttavia, gli affètti da Pellagra del sud degli Stati Uniti, agli inizi del 1900, mostrarono che molti di essi possedevano nella dieta sufficienti equivalenti di Niacina, in grado di tutelare dalla Pellagra, fatto questo che riaccese il dubbio circa i 60 mg di L-Triptofàno alimentare, quali effettivamente equivalenti a 1mg di Niacina.

Nel merito di ciò, una ricerca concluse che il Triptofàno alimentare non sortisca alcuna ripercussione sul decremento della quantità di Niacina negli eritrociti che invece si osserva per l’insufficienza di Niacina alimentare.

L’insufficienza di Niacina può essere attribuibile a una non idonea introduzione di Niacina e/o di Triptofàno o anche a insufficienza di altri nutrienti.

Per es., gli affètti da un male assorbimento di Triptofàno (sindrome di Hartnup, patologia genetica contraddistinta da un calo di concentrazione degli aminoacidi nel flusso ematico, tra cui il Triptofàno, per via della troppa espulsione degli stessi nelle urine) svilupparono la Pellagra; come del resto anche uno stato di aumento della produzione di Serotonina e di altre catecolamine, a causa di tumori carcinoidi, arreca Pellagra, per via che il Triptofàno alimentare è maggiormente usato per sintetizzare la Serotonina piuttosto che la Niacina.

Parimenti, l’Isoniazide (il più importante antibiotico contro la Tubercolosi) declassa fortemente la Niacina.

Di fatto, per prevenire la sola Pellagra occorrono 11 mg di Niacina Equivalenti al giorno, mentre con 12-16 mg al dì si regolarizza la fuoriuscita urinaria degli scarti della Niacina stessa.

Alcune osservazioni su colture cellulari in vitro mostrano che il NAD incida sulla reazione delle cellule al deterioramento del DNA, fondamentale elemento di pericolo per le neoplasie.

Infatti, la Nicotinamide Adenin Dinucleotide è utilizzata nella sintesi dei polimeri dell’ADP-Ribosio ciclico (fondamentale metabolita secondario, implicato nei meccanismi di mobilizzazione del Calcio intracellulare), di particolare rilevanza nell’aggiustare i danni del DNA e nella prevenzione delle neoplasie.

Il contenuto del NAD agisce sui valori della proteina oncosoppressiva p53 nella mammella, nella cute e nelle cellule polmonari dell’uomo.

L’insufficienza di Niacina abbassa i valori del NAD del midollo osseo e del poli ADP-Ribosio, alzando così la probabilità d’insorgenza della Leucemia.

Per es., il rialzo dei valori del NAD nei linfociti ematici con un’integrazione di 100 mg al giorno di Acido nicotinico per 2 mesi circa contiene la lesione delle fibre del DNA nei linfociti alla mercé dei radicali liberi in provetta e ciò si evince confrontando questi dati con quelli di individui non sottoposti ad alcuna integrazione.

Anche se la stessa dose giornaliera di Acido nicotinico in soggetti fumatori, confrontata al placebo, non ha mostrato alcuna riduzione del guasto genetico prodotto dal fumo nei linfociti ematici.

Vi sono evidenze che mostrano come un rialzo di Niacina e di altre materie prime declassino le insorgenze di cancro orale, faringeo ed esofageo, sia in Svizzera sia nell’Italia del Nord: già con 6 mg in più di Niacina si registrò una riduzione del 40% dei cancri alla bocca, alla gola, all’esofago.

Alcune osservazioni in vitro mostrano che elevati valori di Nicotinamide custodiscano le cellule ß dai guasti che potrebbero derivar loro da fattori chimici nocivi, dai leucociti e dalle specie reattive all’ossigeno.

Nelle forme di Diabete mellìto insulino-dipendente dei bambini si registra un deterioramento autoimmune delle cellule ß che secernono l’insulina nel Pancreas.

Delle quantità di Nicotinamide fino a 3 g giornalieri si adoperano per tutelare le cellule ß dei malati affètti da IDDM (Diabete Mellìto Insulino Dipendente): dopo un anno, si osservò un incremento della funzionalità delle cellule ß, ma non un superiore controllo glicemico.

Da poco si è scoperto che elevate quantità di Nicotinamide riducono la sensibilità dell’Insulina nei familiari di coloro che sono affètti da IDDM, pertanto a elevato pericolo.

Molti approfondimenti su famigliari di malati affètti da IDDM, risultati positivi agli autoanticorpi specifici ICA (dall'inglese "Islet Cell Antibodies", che significa anticorpi anti beta cellula pancreatica: nel flusso ematico, si analizza l’esistenza di particolari anticorpi idonei per la diagnosi del diabete mellìto di tipo 1), hanno mostrato esiti discrepanti; mentre in un campionamento su bambini in età scolare si è registrato un influsso apprezzabilmente minore di IDDM tra coloro ch’erano stati curati con Nicotinamide.

Contrariamente alla Nicotinamide, l’Acido nicotinico non ha palesato evidenze benefiche in fatto di prevenzione del Diabete mellito insulino-dipendente.

Da oltre mezzo secolo sappiamo che l’Acido nicotinico (non la Nicotinamide) in certi dosaggi curativi diminuisce il colesterolo nel flusso ematico.

Esiste una ricerca del Coronary Drug Project che ha esaminato, per circa 6 anni, un campionamento di più di 8000 uomini affètti da un pregresso infarto miocardico, somministrando loro 3 g di Acido nicotinico al dì.

Questi pazienti, diversamente da altri sottoposti a effetto placebo, ridussero mediamente d’un 10% il colesterolo totale, d’un 26% i trigliceridi, del 27% gli infarti miocardici non letali, del 26% gli episodi cerebrovascolari, quali ictus, ischemie.

Si è anche appurato che l’impiego di Acido nicotinico determini un considerevole rialzo dei valori della lipoproteina ad alta densità del colesterolo HDL e una riduzione di accentramento della lipoproteina a nel siero, nonché un più ridotto transito da minuscole e consistenti particelle di lipoproteina a bassa densità LDL a particelle maggiori e in sospensione di LDL, varianti queste “ematico-lipidiche” ritenute cardio-protettive.

Ovviamente, serve cautela nella somministrazione di Acido nicotinico, le cui alte quantità possono determinare degli sgradevoli contraccolpi.

Per es., una mescolanza di 2-3 g al giorno di Acido nicotinico e di Simvastina (farmaco per trattare l’ipercolesterolemia), ovviamente sotto stretto controllo d’un medico preparato (in grado di ridurre al massimo gli effètti contrari e di promuovere quelli favorevoli) consegue i migliori giovamenti sia sui valori dell’HDL del siero sia in relazione a episodi del cardiovascolare, quali ictus e attacchi cardiaci.

Pare anche che nell’infezione con HIV, virus che produce l’AIDS (Acquired Immune Deficiency Syndrome), cresca il pericolo di deficit di Niacina.

L’IFN-γ (Interferone-gamma), è una proteina (citochina) dimerica, prodotta dai Linfociti T (cellule del Sistema Immunitario) per contrastare le infezioni.

I suoi valori nei soggetti contagiati da HIV sono altissimi e quanto più sono elevati tanto peggiore è la diagnosi.

Ora, sollecitando l’enzima Indoleamina 2,3 diossigenasi (IDO), l’Interferone-gamma riduce la concentrazione di Triptofàno, precorritore della Niacina, e ciò fa concludere che l’infezione da HIV declassi il valore della Niacina.

Vi sono in merito osservazioni su soggetti infètti da HIV, i quali trattati con 1000-1500 mg al giorno di Nicotinamide, per 60 gg., ebbero un rialzo dei valori plasmatici di Tripotofàno del 40%.

Non solo: in un altro studio, sempre su infetti da HIV, si notò che le maggiori assunzioni di Niacina si collegavano a un calo della rapidità d’avanzamento dell’AIDS e a una più qualitativa permanenza in vita.

I cereali, particolarmente quelli integrali, la carne (pollame, pesce come tonno e salmone), i legumi, il lievito, le verdure a foglia verde, i semi e il the sono ricchi di Niacina (ho volutamente tralasciato il latte e il caffè, alimenti molto deleteri per la buona salute).

Gli americani statunitensi assumono mediamente al giorno 30 (M) o 20 (F) mg di Niacina, a seconda del sesso.

Le integrazioni di Niacina si effettuano, ovviamente, da Nicotinamide o da Acido nicotinico: la prima è una forma caratteristica impiegata in campo dietetico, mentre il secondo (dietro prescrizione medica) si usa per ridurre i valori del colesterolo e può essere “a immediato, a lento rilascio o a rilascio a tempo”.

Il mio personale parere è che usando l’Acido nicotinico per ridurre il Colesterolo si faccia sempre riferimento a un buon medico.

Difatti, mentre la Niacina alimentare non produce alcun effetto collaterale, le preparazioni farmacologiche di Acido nicotinico (disponibile in forma galenica nelle farmacie dietro prescrizione medica) possono produrre vampate di calore, prurito, fastidi gastroenterici quali voltastomaco e conati di vomito, danni alle cellule epatiche, innalzamento degli enzimi del fegato e ittero, epatiti, sfoghi cutanei, pelle arida, ipotensione, mal di testa, diminuizione della adattabilità al glucosio, per una declassata sensibilità all’insulina (fatto questo che in soggetti pre-diabetici potrebbe favorire valori molto alti di glucosio nel flusso ematico e diabete clinico), innalzamento dei valori di acido urico nel sangue, con tanto di gotta in certi soggetti più sensibili, fastidi agli occhi, quali annebbiamento della vista (reversibili, in genere, se si sospende il trattamento).

Invece, la Nicotinamide è ben sopportata, anche se alla quantità di 3 g al giorno può causare voltastomaco, conati di vomito, ittero, enzimi del fegato molto alti e in soggetti a elevato pericolo di diabete insulino-dipendente un ribasso nella sensibilizzazione all’insulina anche a dosaggi di 2 g al giorno.

Associando l’Acido nicotinico con Lovastatina (statina specifica per l’ipercolesterolemia) in uno sparuto gruppo di pazienti si è osservata rabdomiolisi (guaio muscolare collegato alla rottura delle cellule del muscolo scheletrico per assunzione di statine, con cessione di enzimi ed elettroliti nel sangue), la quale può esitare in una grave insufficienza renale.

L’Acido nicotinico può anche contrastare gli effetti “uricosurici” o “uricoeliminatori” (espulsione da parte del rene dell'acido urico) del Sulfinpirazone, farmaco dispiegato per trattare la gotta.

Il Fluorouracile (agente 5-fluorouracile) usato nella chemioterapia per le neoplasie può, a lungo termine, provocare i prodromi della Pellagra: dunque, attenzione!

Nella terapia antitubercolare con Isoniazide è buona norma associare un’integrazione di Niacina, dato che il primo è un antagonista della seconda, per cui a lungo andare si potrebbero ravvisare anche in questo caso i sintomi della Pellagra.

Gli estrogeni, invece, insiti nei contraccettivi per bocca, accrescono l’efficacia della sintesi di Niacina dal Tripotofàno, per cui si ha meno bisogno di immettere questa vitamina con la dieta.

A conclusione di questo lungo post, posso osservare che non si sappia ancora quale debba essere l’ideale integrazione di Niacina al fine di conservare un buon stato di salute e di evitare malattie croniche di vario tipo.

Un’adeguata dieta dovrebbe essere sufficiente a prevenire un’eventuale insufficienza vitaminica; personalmente integro, attraverso 2 tavolette (1 prima di colazione e 1 prima di pranzo) del Multivitaminico-multiminerale Vm 2000 della Solgar irlandese, 100 mg di Niacina Equivalenti (NE).

Il Linus Pauling Institute consiglia un’integrazione di almeno 20 mg di Niacina al dì.

Considerate poi che l’assunzione alimentare di Niacina declassa tantissimo tra i 60 e i 90 anni d’età.

Note.

L’acido nicotinico “a rilascio immediato” (cristallino) è frequentemente impiegato in dosi maggiori, perché pare che sia meno dannoso per l’organo epatico (laboratorio chimico del nostro corpo) in confronto alle altre forme; di contro, si sono avute delle sonore intossicazioni del fegato allorquando si sia rimpiazzata la Niacina “a lento rilascio” con quella “a rilascio immediato” a dosi equivalenti.

Anche bassi dosaggi di acido nicotinico, minori di 30 mg al giorno, possono arrecare inizialmente vampate di calore sul viso, sugli arti superiori e sul petto, fatto questo che si riscontra molto raramente con la Nicotinamide.

Il Food and Nutrition Board ha stimato che il valore massimo per la Niacina, sia da Acido nicotinico sia da Niacinamide, sia di 35 mg al giorno, per escludere appunto gli effètti non desiderati, livello questo ovviamente surclassato nella terapia anticolesterolica con Acido nicotinico.

Raffaele
Ultima Modifica 11 Anni 11 Mesi fa da Raffaele/Michelangelo.
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11 Anni 11 Mesi fa #8404 da Raffaele/Michelangelo
Risposta da Raffaele/Michelangelo al topic Re: Sulle vitamine e sui minerali.
Della Biotina (Vitamina B8).

Come del resto tutto il complesso vitaminico B, la B8 è una vitamina idrosolubile.

Essa è necessaria a tutti gli esseri viventi ed è prodotta esclusivamente da certe piante, dalle alghe, dai lieviti, dalle muffe, dai batteri.

La formulazione fisiologica attiva si collega a 4 enzimi, definiti “carbossilasi”.

Ecco le 4 importanti reazioni metaboliche della carbossilasi:

-Acetil-coenzima carbossilasi (CoA): indispensabile per la sintesi degli acidi grassi;

-Piruvato carbossilasi: enzima basilare per la gluconeogenesi, ossia per la produzione del glucosio non da carboidrati ma, per es., da grassi e aminoacidi;

-Metilcrotonil-CoA carbossilasi: utile per il metabolismo della Leucina, essenziale aminoacido;

-Propionil-CoA carbossilasi: necessaria per il metabolismo aminoacidico, del colesterolo e degli acidi grassi con una quantità dispari di atomi di carbonio.

L’aggregazione della Biotina a un’altra molecola (una proteina, per es.) è detta biotinilazione.

Si è da poco osservato che l’enzima biotinidasi catalizza la biotinilazione degli istoni*, per cui la logica conclusione è che questa vitamina sia determinante nella replicazione e trascrizione del DNA.

L’insufficienza di Biotina è un’infrequente evenienza, tuttavia, vi sono 2 circostanze che la richiedono necessariamente:

-protratta dieta parenterale priva d’integrazione di Biotina;

-mangiare il bianco dell’uovo crudo per un tempo che va da diverse settimane ad anni.

La motivazione è che l’Avidina, glicoproteina basica tetramerica, del bianco dell’uovo s’aggrega alla Biotina e ne blocca l’assimilazione.

Diversamente, facendo cuocere il bianco dell’uovo, l’Avidina risulta assorbibile e non in grado di ostacolare l’assimilazione di Biotina.

La caduta dei capelli, l’alterazione della cheratinizzazione dell’epidermide, gli arrossamenti intorno agli occhi, alla bocca, al naso e nell’area dei genitali denotano un evidente deficit di Biotina (faccia da carenza di Biotina, in gergo medico, se associata a un’anomala dislocazione del tessuto adiposo del viso).

Nelle persone mature compaiono anche stati depressivi, torpore, allucinazioni, dolenzìa e prurito alle estremità.

I soggetti affètti da difetti congeniti metabolici di questa vitamina palesano un declassamento del S.I. e una più spiccata propensione alle infezioni batteriche e fungine.

Il deficit di Biotina e quello di olocarbossilasi sintetasi, entrambi difetti congeniti del metabolismo della Biotina, portano a una superiore esigenza di Biotina.
L’assimilazione enterica si riduce perché un deficit di biotinidasi (enzima) provoca un’insufficienza nella cessione di Biotina da parte delle proteine alimentari.

Non solo: anche i reni eliminano quantità sempre maggiori di questa vitamina nelle urine, perché non associata alla biotinidasi.

In deficit di biotinidasi, occorrono integrazioni di Biotina per os da 5 a 10 mg ; invece, la carenza dell’enzima olocarbossilasi sintetasi richiede un apporto die di 40-50 mg di Biotina.

Diciamo, comunque, che entrambi i difetti esitano favorevolmente se curati già dall’infanzia e per tutto il corso della vita con supplementi di Biotina.

Esistono, poi, altre cicostanze che alimentano il pericolo d’una insufficienza di Biotina: una veloce scissione cellulare del feto in via di sviluppo, il quale ha bisogno di Biotina sia per la produzione della copia del DNA cellulare sia per la sintesi delle principali carbossilasi (molte gestanti maturano un deficit secondario o subclinico** di Biotina anche nel corso d’una regolare maternità); alcune malattie epatiche (cirrosi, …) le quali denotano un importante declassamento della biotinidasi; gli epilettici, per via degli anticonvulsivanti impiegati, che acuizzano il pericolo d’una carenza di Biotina.

Anche gli individui affètti da diabete mellìto non insulino-dipendenti presentano scarsi valori di Biotina nel flusso ematico: con un’integrazione di Biotina di 9 mg al giorno si osserva un declassamento medio a digiuno del 45% dei valori di glucosio.

Anche nei diabetici insulino-dipendenti si è osservato che con un’integrazione di 16 mg di Biotina la giorno, già dopo 7 gg., si registra un abbassamento dei valori di glucosio nel sangue.

La spiegazione consiste nel fatto che questa vitamina aumenta l’impiego di glucosio per la sintesi dei grassi, sollecita la glucochinasi (enzima epatico), dunque una superiore sintesi di glicogeno (forma di scorta del glucosio).

Credo che ancora molte “cosette” dovranno essere approfondite sulla Biotina.

Anche se in modeste quantità, la Biotina è presente in molti alimenti: fegato, lievito, tuorlo dell’uovo, crusca del grano integrale, avocado, pane integrale di grano, camembert, cavolfiore crudo, salmone cotto, pollo cotto, formaggio.

I nostri batteri della parte enterica del crasso hanno la capacità di sintetizzare la Biotina.

Anche con trattamenti per bocca fino a 200 mg al giorno di questa vitamina, per curare difetti congeniti del metabolismo della Biotina e per la sua stessa insufficienza, non si sono evidenziate intossicazioni.

Sia il Primidone sia la Carbamazepina, entrambi anticonvulsivanti, declassano l’assimilazione della Biotina nel tratto enterico del tenue, così come il Fenobarbital (o se preferit Luminal, barbiturico), la Fenitoina (antiepilettico), la Carbamezapina (tra i farmaci di maggior uso per l’epilessia) alimentano l’espulsione urinaria di Biotina.

Le lunghe terapie a base di sulfamidici o antibiotici sono in grado di diminuire la sintesi batterica di Biotina; pure l’acido pantotenico, per via delle sue strutture similari, può competere con la Biotina nell’assimilazione enterica e cellulare.

Dal punto di vista alimentare, il Linus Pauling Institute raccomanda 30 microgrammi/die di Biotina, tuttavia conviene associare anche un’integrazione con un multivitaminico-multiminerale, tipo il Vm 2000 della Solgar.

Note.

*Gli istoni sono delle proteine che si attaccano al DNA e lo avvolgono in solide ossature per creare i cromosomi.

**Un deficit subclinico di Biotina può arrecare malformazioni alla nascita in varie specie animali, anche se ciò non è assodato per la specie umana.

Le future mamme tengano comunque ciò nella dovuta considerazione.

D’altronde, così come si suggerisce alle gestanti (prima del concepimento e durante le prime 3 settimane di gravidanza) d’integrare acido folico per cautelare il nascituro dai difetti del tubo neurale, quali la schiena bifida, l’anencefalia (scatola cranica e cervello solo parzialmente formati) e l’encefalocele (incompleta saldatura della scatola cranica), parimenti si potrebbero fare integrare almeno 30 microgrammi al dì di Biotina attraverso un multivitaminico che includa almeno 400 microgrammi al dì di acido folico.

Raffaele

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11 Anni 11 Mesi fa #8772 da Raffaele/Michelangelo
Risposta da Raffaele/Michelangelo al topic Re: Sulle vitamine e sui minerali.
Dell’Acido folico (Vitamina B9).

Questa idrosolubile vitamina si connota con 2 differenti vocaboli: Acido folico e folato.

Il primo dei due è la forma maggiormente stabile, ma compare infrequentemente negli alimenti o all’interno del nostro corpo.

Esso risulta la forma per lo più impiegata negli integratori vitaminici e negli alimenti fortificati (procedimento tecnologico mediante il quale i nutrienti non energetici, quali, per es., le vitamine e/o i sali minerali, sono addizionati ai cibi usuali, come i cereali da colazione, i biscotti, le fette biscottate, i succhi di frutta, al fine di accrescere l'assunzione di queste sostanze nutrizionali nella gente).

I folati, che sono presenti negli alimenti e in certe forme attive del nostro ricambio, si comportano, come tetraidrofolati, da donatori e accettori di unità monocarboniose per la sintesi degli acidi nucleici e degli aminoacidi e in collaborazione con la metil-cobalamina si occupano della S-adenosilmetionina (SAM, gruppo metilico impiegato in svariati processi biologici di metilazione, pure nel DNA, direi essenziale per la prevenzione del cancro).

Volendo ampliare, la sintesi della metionina dall’omocisteina necessita d’un cofattore del folato e d’un enzima collegato alla Vitamina B12, per cui un’insufficienza di folato può produrre una riduzione nella sintesi di metionina e un rialzo dell’omocisteina, elemento di pericolo per le patologie cardiovascolari e per altre malattie inguaribili.

I soggetti in salute impiegano due differenti meccanismi per assimilare l’omocisteina:

-rimetilizzazione dell’omocisteina per creare metionina, mediante un processo collegato sia a un enzima vitamina B12-dipendente sia a un folato nella forma di 5-metil tetraidrofolato;

-trasformazione dell’omocisteina in cisteina, attraverso 2 enzimi vitamina B6-dipendenti.

Si evince, pertanto, come il valore di omocisteina nel sangue dipenda quantomeno da 3 vitamine: la B6, la B9, la B12.

Un’alimentazione insufficiente e un declassamento dell’assimilazione, come nell’etilismo, riducono i folati; lo stesso la gestazione* e le neoplasie, che necessitano d’una superiore immissione di folati nel corpo.

Molti sono poi i farmaci che depauperano i folati.

Quando si presentano le prime avvisaglie dovute a insufficienza di folati, pur non mostrando evidenti manifestazioni, è possibile osservare un rialzo dei valori relativamente all’omocisteina nel flusso ematico.

Tanto maggiore è la velocità di replicazione cellulare, quanto più si riscontrano delle ripercussioni relative al deficit di folati: gli approvigionamenti di folato risultano insufficienti per le cellule del midollo osseo in rapida duplicazione, per cui la riproduzione cellulare nel flusso ematico si fa difettosa e gli eritrociti risultano maggiori per dimensioni e minori per numero (anemia megaloblastica** o macrocitica).

Ovviamente, occorrono diversi mesi prima che un deficit di folati generi la predetta anemia, la quale conduce a un ribasso della capacità ematica di veicolare ossigeno, che esita nella fiacchezza e nel respiro corto.
La conservazione dei giusti valori di omocisteina nel flusso ematico è esclusivamente un rilevamento in più per confermare un’immissione idonea di folati.

Il Food and Nutrition Board dell’Institute of Medicine ha creato una nuova unità per il folato: la DFE.

Così:

1 microgrammo di folato alimentare1 microgrammo di DFE;

1 microgrammo di Acido folico da integrazione ai pasti o da cibo fortificato1,7 microgrammi di DFE;

1 microgrammo di Acido folico a digiuno2 microgrammi di DFE.

Si evince, dunque, che i supplementi di Acido folico di sintesi o da cibi fortificati siano più assimilabili di quelli da folati che si trovano spontaneamente nell’alimentazione.

Infatti:

50 microgrammi di folato50mcg di DFE;

50 microgrammi di Acido folico da cibo fortificato1,7X60=120 microgrammi di DFE;

50 microgrammi di Acido folico a stomaco vuoto100 microgrammi di DFE.

Le future madri sanno che l’accrescimento del feto si contraddistingue per un’estesa proliferazione cellulare, dato ch’esso necessita d’una sufficiente immissione di folato, che ha un preciso compito nella sintesi del DNA e dell’RNA.

I Difetti del Tubo Neurale (NTD) sono causa di sconquassanti e spesso letali anomalie che compaiono tra il 21° e il 27° giorno dopo il concepimento, lasso questo di tempo in cui un bel po’ di future madri non sanno d’essere incinta.

Ci sono delle evidenze che declassano dal 60 al 100% il rischio di NTD che negli USA, ancor prima che i cibi fossero fortificati con Acido folico, era dell’1‰, semplicemente integrando Acido folico nella dieta, da 30 gg. prima a 30 gg. dopo il concepimento.

Dunque, tutte le donne in età fertile sono avvisate: 400 microgrammi al dì per prevenire i Difetti del Tubo Neurale.

Credo che meno della metà delle donne tengano ciò nella giusta considerazione.

Ma c’è di più: i giusti livelli di folato consentono di evitare anomalie cardiache, degli arti, di ridurre il pericolo d’un parto prematuro, di mettere alla luce un neonato sottopeso.

Pure l’aborto spontaneo può essere messo in relazione con alti livelli di omocisteina nel flusso ematico che, per come già espresso, rilevano un’insufficienza di folato nell’organismo, anche associato, sempre in gravidanza, a pre-eclampsia (gestosi) e a distacco placentare.

Se i valori dell’omocisteina totale risultano elevati, sono a rischio i soggetti con storie personali e familiari di patologie cardiovascolari, di malnutrizione o cattiva assimilazione, d’insufficienza renale, d’ipotiroidismo, … o che fanno uso di certi medicinali quali l’Acido nicotinico, la L-Dopa, la Teofillina, …

Se si hanno elevati livelli di omocisteina occorrono integrazioni da 400 microgrammi di Acido folico, 6 microgrammi di B12, 2 mg di B6 al giorno.

Le neoplasie (vi consiglio di seguire attentamente il thread su questo argomento) si ritiene possano insorgere da danni al DNA o da un’errata manifestazione di quei geni (oncogene e oncosoppressori) che giocano un ruolo decisivo in merito.

Bene, un consumo abbondante e regolare di frutta e di verdura, che abbondano di folati, riducono sensibilmente il rischio per il cancro, in quanto i folati presiedono alla sintesi e alla metilazione sia del DNA sia dell’RNA, propiziandone il ripristino e la manifestazione genica.

Si sa, per es., che la scarsità di folato si può mettere in relazione col cancro del seno, della cervìce, del pancreas, del colon.

Una forte assunzione d’alcool e una povera immissione di folati accrescono il rischio di neoplasia colorettale.

L’alcool declassa tantissimo il folato e ciò può favorire l’insorgenza d’una neoplasia, come mostrano le evidenze sui soggetti col genotipo T/T.

Anche il buon funzionamento cerebrale, particolarmente quello del livello conoscitivo degli anziani (demenza, difetti della memoria a breve termine), risente della scarsità di folato, per via ch’esso interviene nella sintesi dell’acido nucleico e nei processi di metilazione.

Nel morbo di Halzeimer e nelle demenze che hanno come causa un deficit emodinamico si rilevano, infatti, valori più alti di omocisteina associati a un calo sia di folato sia di B12.

Le verdure a foglie larghe verdi, gli agrumi, i legumi e i cereali fortificati costituiscono delle ottime riserve di folato.

Eccovi un elenco degli alimenti maggiormente fortificati che possono apportare un surplus di folato, mediamente di 100 microgrammi al dì:

-cereali fortificati per la prima colazione200-400*** microgrammi di DFE (1 tazza);

-riso bianco, cotto222*** microgrammi di DFE (1 tazza);

-lenticchie, cotte179 microgrammi di DFE (½ tazza);

-ceci, cotti141 microgrammi di DFE (½ tazza);

-pasta bianca, cotta141*** microgrammi di DFE (1 tazza);

-asparagi, cotti131 microgrammi di DFE (½ tazza, circa 6 germogli);

-spinaci, cotti131 microgrammi di DFE (½ tazza);

-succo d’arancia concentrato82 microgrammi di DFE (6 once=180 ml);

-fagioli di Lima, cotti78 microgrammi di DFE (1/2 tazza);

-pane bianco34*** microgrammi (1 fetta).

Non si riscontrano controindicazioni nell’assumere una superiore quantità di folato da cibo, mentre occorre una maggiore precauzione per l’acido folico sintetico.

Grandi quantità di Acido folico somministrate a soggetti con deficit di B12 (particolarmente, gli anziani) possono far rientrare sì un’anemia megaloplastica (non riconoscibile da quella da insufficienza di folato), ma non rettificare la carenza di B12, con serio pericolo per lo sventurato di turno di contrarre guai neurologici irreparabili.

Il Food and Nutrition Board dell’Institute of Medicine consiglia di non superare i 1000 microgrammi/dì di Acido folico.

D’altronde, anche nelle donne fertili, è un’evenienza piuttosto remota l’insufficienza di B12 e la dose di 1000 microgrammi non fa certo correre dei rischi nel senso prima esposto.

Relativamente all’interazione coi farmaci, per es., l’aspirina o l’ibuprofene (farmaci antinfiammatori non steroidei, impiegati per curare forti artriti) in dosi rilevanti possono declassare il folato, come del resto gli antiepilettici e gli anticonvulsivanti quali la fenitoina, il fenobarbital e il primidone che ostacolano l’assimilazione enterica del folato.

Anche taluni farmaci usati nelle iperlipidemie per ridurre il colesterolo ostacolano l’assimilazione dell’Acido folico, come pure il metotrexato impiegato per curare una grande varietà di patologie, compresi i casi di cancro, l’artrite reumatoide, le malattie della pelle.

Parimenti antagonisti (attività anti-folato), risultano gli antibiotici trimetropin e sulfasalazina (per trattamento colite ulcerosa), l’antimalarico pirimetamina e il triamterene, diuretico risparmiatore di potassio per l’ipertensione.

I ricercatori del Linus Pauling Institute consigliano per le persone mature, soprattutto per gli ultrasessantacinquenni, dato che con il trascorrere degli anni salgono i valori di omocisteina, un’integrazione di 400 microgrammi di Acido folico/dì, in associazione al folato e all’Acido folico provenienti dall’alimentazione.

Tale utilità riduce, per come dettagliato precedentemente, il pericolo delle patologie cardiovascolari, di talune forme di neoplasia, dell’Alzheimer, dei Disturbi del Tubo Neurale e di altri rischi che si corrono nelle gestazioni.

NOTE

*Le donne in gestazione abbisognano d’una quantità di folati notevolmente più elevata delle donne non incinta, per il motivo che nelle prime c’è una forte crescita della duplicazione cellulare e di altri meccanismi del ricambio che necessitano di coenzimi dei folati.

*L’anemia megaloplastica da carenza di folato è simile a quella da insufficienza di B12, per cui servono specifici accertamenti per determinare la reale motivazione.

***Fortificato con 1,4 microgrammi di Acido folico/Kg.

Naturalmente, non si tiene conto della profilassi delle anomalie del tubo neurale nel momento in cui si fa la stima della RDA per le donne incinta.

Per le donne che possono restare incinta si consigliano 400 microgrammi al giorno di Acido folico da integrazione o da cibi fortificati da addizionare alle normali immissioni dietetiche.

****Dosi da 1 microgrammo o più di Acido folico da integrazione necessitano della prescrizione medica.

Raffaele

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11 Anni 11 Mesi fa - 11 Anni 11 Mesi fa #9107 da Raffaele/Michelangelo
Risposta da Raffaele/Michelangelo al topic Re: Sulle vitamine e sui minerali.
Dell’Acido pantotenico (Vitamina B5).

La Vitamina B5, diversamente detta Acido pantotenico, è un costituente del CoA (Coenzima A) e della proteina carrier di gruppi acili (ACP, polipeptide che compare nel complesso multienzimatico acido grasso sintetasi, che lega covalentemente i substrati nelle reazioni di biosintesi degli acidi grassi), basilare in ogni organismo vivente per la sintesi degli acidi grassi.

Come CoA, infatti, attiva innumerevoli processi chimici necessari per la sopravvivenza: produce energia nella forma di ATP (Adenosintrifosfato) dai lipidi, dai carboidrati, dai protidi, sintetizza i grassi essenziali, quali il colesterolo con tutti gli ormoni steroidei da esso derivanti, i neurotrasmettitori come l’acetilcolina e l’ormone melatonina.

Anche un costituente dell’emoglobina, l’eme, necessita di CoA, come pure un certo tipo di medicinali e di sostanze nocive dell’organo epatico.

È un gruppo acetato del CoA a variare per lo più le proteine acetilate che modificano la stessa funzione proteica.

Inoltre, l’acetilazione proteica condiziona pure l’espressione genica (meccanismo mediante il quale l'informazione che si trova in un gene, fatta di DNA, è trasformata in una macromolecola funzionale, propriamente una proteina), agevolando la duplicazione dell’RNA messaggero.

Nell’acetilazione proteica c’è anche una serie di proteine ch’è trasformata dal legame con una lunga catena di acidi grassi ceduta dal CoA.

La vitamina B5, sotto forma di 4’-fosfopanteteina, è indispensabile per l’attività enzimatica della proteina trasportatrice di acili, che col CoA presiede alla biosintesi degli acidi grassi come, per es., gli sfingolipidi (classe di lipidi complessi che hanno la sfingosina, un amminoalcol a lunga catena, al cui amminogruppo è unito, attraverso un legame ammidico, un acido grasso saturo per lo più costituito da 22 atomi di carbonio), che formano le guaine mieliniche necessarie ai neuroni per la trasmissione, e i fosfolipidi delle membrane citoplasmatiche.

È piuttosto infrequente, se non si è in serio stato di denutrizione, il deficit di questa Vitamina.

Vi sono osservazioni relative a una sperimentazione, attraverso la quale si nutrirono dei soggetti con un’alimentazione deficitaria di Acido pantotenico e addirittura si somministrò loro un antagonista della B5.

Gli esiti furono: mal di testa, debolezza, perdita del sonno, fastidi enterici, torpore e prurito alle estremità sia superiori sia inferiori.

Si sa che l’omopantotenato sia un antagonista dell’Acido pantotenico con ripercussioni colinergiche sull’organismo.

Lo si impiegò, in passato, per potenziare l’efficienza cognitiva, particolarmente nell’Alzheimer.

Ma un contraccolpo negativo fu l’insorgenza di un’encefalopatia epatica, ossia una situazione di disfunzione cerebrale attribuibile all’impossibilità dell’organo epatico di espellere le sostanze tossiche.

Riequilibrando il paziente con l’Acido pantotenico, l’encefalopatia regredì.

Comunque, la stragrande maggioranza di nozioni inerenti la B5 ci provengono da evidenze sperimentali su animali: nei ratti, il deficit di B5 arreca un guasto alle capsule surrenali; nelle scimmie, crea un declassamento nella sintesi d’un costituente dell’emoglobina (eme) con tanto di anemia; nei cani, valori del glucosio nel flusso ematico al di sotto della norma, tachicardia, convulsioni, veloce respirazione; nei polli, si sono riscontrate anomalie alle penne, eritema, problemi al nervo spinale, con tanto di usura della guaina mielinica; nei topi, si è notato un decremento del glucosio, sotto forma di glucogeno, nell’apparato muscolare e nell’organo epatico, come pure eritema e ingrigimento del pelo.

Non credo che vi sia un’informazione scientifica tale da poter suffragare l’assunzione di B5 per prevenire patologie in genere, diversamente da un grave deficit della stessa, peraltro piuttosto infrequente.

Per gli adulti, sia maschi sia femmine, non in gravidanza (6 mg) o allattamento (7 mg), un’adeguata assunzione è di 5 mg al giorno.

Per trattare le ferite, si è riscontrato che l’assunzione per bocca di B5 e il cospargimento sulla cute d’un unguento al pantotenolo velocizzi negli animali la cicatrizzazione sia a livello epidermico sia su quello tissutale e che un’integrazione di Calcio-D-pantotenato alle cellule umane della cute in coltura, sulle quali s’è inferta una lacerazione, ha accresciuto la quantità di cellule migratorie dell’epidermide e la loro velocità di migrazione, con la ripercussione di accelerare il risanamento della ferita stessa.

Vi sono evidenze, tuttavia, su individui trattati con 1 g di Acido levo-ascorbico e 0,2 g di Acido pantotenico per la rimozione di tatuaggi con interventi chirurgici, che non hanno sortito effètti sostanziali, in relazione al processo di risanamento della cute.

Alcuni studi connotano in un derivato dell’Acido pantotenico, la pantetina (o solfuro di panteteina), l’utilità di ribassare i valori del colesterolo: la pantetina* è infatti costituita da 2 molecole di panteteina unite da un legame tra 2 molecole di solfuro e rappresenta la parte attiva del CoA e delle proteine di trasporto del gruppo acile.

Bene: molte evidenze hanno concluso che una quantità di 0,3 g X 3 volte/dì di pantetina siano utili a diminuire sia il colesterolo totale sia i trigliceridi nel flusso ematico tanto nei diabetici (anche in emodialisi) che nei non diabetici.

La vitamina B5 si trova abbondantemente nel fegato, nei reni, nel pollo, nel pesce, nei crostacei, nel rosso dell’uovo, nel latte, nello yogurt, nei legumi, nei funghi, nei broccoli, nelle patate dolci, nel lievito, nell’avocado.

La raffinazione del frumento declassa dal 35 al 75% il valore della B5, come pure il surgelamento e l’inscatolamento.

Gli integratori sono per lo più a base di pantotenolo, alcool corrispondente all'acido pantotenico piu stabile, prontamente tramutato dal corpo umano in Acido pantotenico.

Ma sono efficaci anche il Calcio e il Sodio D-pantotenato, nonché i Sali di Calcio e di Sodio dell’Acido pantotenico.

Non si ravvisa alcuna tossicità per l’Acido pantotenico, se non la diarrea, con dosaggi elevati dai 10 ai 20 g al giorno di calcio D-pantotenato.

Quantità fino a 1,2 g/dì risultano ben accettate dal corpo umano, ma si possono verificare in certi soggetti ripercussioni gastroenteriche, quali voltastomaco e bruciori di stomaco.

L’uso di anticoncezionali per bocca, che possiedono estrogeni e progesterone richiedono un maggior fabbisogno di Acido pantotenico; la pantetina, con gli inibitori dell’HMG-CoA reduttasi, conosciuti anche come statine, o assieme all’Acido nicotinico, può sortire una superiore reazione sui grassi del sangue.

NOTE.

*La pantetina può essere prescritta, sia in Europa sia in Giappone, per ridurre il colesterolo e i trigliceridi; negli USA la si trova come integratore dietetico.

I batteri enterici, che popolano solitamente l’intestino crasso possono fabbricare il proprio Acido pantotenico, assorbibile, assieme alla biotina, dall’organismo umano.
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11 Anni 10 Mesi fa - 11 Anni 10 Mesi fa #9568 da Raffaele/Michelangelo
Risposta da Raffaele/Michelangelo al topic Re: Sulle vitamine e sui minerali.
Della Riboflavina (Vitamina B2).

Nel nostro corpo, questa vitamina idrosolubile costituisce essenzialmente i coenzimi FAD (Flavin Adenin Dinucleotidi) e FMN (Flavin Mononucleotide), detti pure flavine, mentre gli enzimi che si servono d’un Flavin coenzima sono classificati come flavoproteine.

Sappiamo che gli esseri viventi per lo più traggono energia dalle reazioni di ossidoriduzione (redox), meccanismi che richiedono una “migrazione” d’elettroni.

Generalmente, le Flavine sono indispensabili per il metabolismo dei carboidrati, dei lipidi e dei protidi: il FAD attiene alla catena di trasporto dell’elettrone, la cosiddetta “catena respiratoria”, da cui dipende la fabbricazione energetica.

Con gli enzimi P450 del citocromo, le Flavine collaborano anche nel metabolismo dei medicinali e delle sostanze tossiche.

Sempre dal FAD, dipende l’enzima Glutatione reduttasi, che interviene nel ciclo redox del Glutatione, il quale custodisce gli esseri viventi dalle specie reattive dell’ossigeno, quali per l’appunto gli idroperossidi, che richiedono, attraverso la Glutatione perossidasi (enzima che ha il Selenio), 2 molecole di Glutatione ridotto per essere spezzati.

A sua volta, la Glutatione reduttasi necessita dei FAD per ripristinare 2 molecole di Glutatione ridotto da quello ossidato.

Il deficit di Riboflavina è in correlazione con la crescita dello stress ossidativo.

La xantina ossidasi (enzima dipendente dai FAD) stimola l’ossidazione dell’ipoxantina e della xantina in acido urico, valido antiossidante idrosolubile del flusso ematico, estremamente declassato dall’insufficienza di vitamina B2.

Un grave deficit di Riboflavina può interessare i più disparati sistemi enzimatici, perché le flavoproteine interagiscono col ricambio vitaminico sia della B6 sia della Niacina sia dell’Acido folico.

Soprattutto nei soggetti omozigoti (a causa del polimorfismo C6777 del gene MTHFR) e in quelli che avevano scarsa immissione di folati i più elevati valori di Riboflavina plasmatici erano riconducibili a un declassamento dei valori di omocisteina plasmatici.

Un’insufficienza di B2 danneggia il ricambio del ferro, riducendone l’assimilazione negli animali, anche a livello enterico, frenando addirittura il suo uso per la sintesi dell’emoglobina.

Negli esseri umani, se si hanno valori adeguati di B2, si registra un rialzo dei valori di emoglobina nel flusso ematico e si ottengono risultati più significativi nella somministrazione del ferro per curare l’anemia da carenza del ferro stesso.

"Ariboflavinosi", ecco il vocabolo che designa il deficit clinico di Riboflavina, spesso associato all’insufficienza di altre vitamine idrosolubili e a una sintomatologia che esita in lesioni alla gola, rossore e ingrossamento della mucosa buccale, cheilite (taglietti e ulcerazioni alle labbra, esternamente), stomatite angolare (patologia infiammatoria che colpisce i due angoli della bocca), dermatite seborroica (infiammazione della cute che appare grassa e squamosa), vascolarizzazione della cornea (composizione di capillari nell’occhio), anemia normocromica normocitica (decremento degli eritrociti con adeguati valori di emoglobina e regolare dimensione).

Anche una ridotta trasformazione di B6 in Piridossàl-5-Fosfato e del Triptofàno in Niacina dipendono dalla significativa mancanza di Riboflavina.

Alcuni elementi sono pericolosi ai fini d’un deficit di B2:

-ittero nei neonati, perché potenzia il declassamento della B2;

-alcoolici, perché determinano una riduzione e una difficoltà nell’assunzione, nell’assimilazione, nell’uso della B2;

-anoressia, perché i soggetti che ne sono affètti difficilmente hanno dei livelli normali di B2;

-intolleranza al lattosio e derivati la cui non assunzione (buon per Noi!-ndr) può dare deficit di B2;

-ipotiroidismo e insufficienza surrenalica, perché diminuiscono la trasformazione in FAD e FMN della B2;

-soggetti molto operativi (atleti, manovali, …), perché necessitano di un surplus di B2.

La lesione ossidativa delle proteine del cristallino causata dalla luce può condurre all’insorgenza delle catarratte da invecchiamento, che esitano in disturbi importanti della vista.

Alcune sperimentazioni hanno osservato che la percentuale di rischio con assunzioni dietetiche di B2 declassa tantissimo (33%), fino anche a dimezzarsi (51%).

Dato che la B2 agisce da precorritore degli enzimi FAD e FMN voluti dalle flavoproteine della catena di trasporto mitocondriale degli elettroni, il cui metabolismo se declassato incide sull’ossigenazione del cervello, una sua integrazione potrebbe rivestire una certa influenza nel trattamento delle emicranie.

Vi sono evidenze su pazienti trattati con 400 mg di B2 al dì, per 90 giorni, attraverso le quali si osservava una diminuizione sia della frequenza sia del numero di cefalee giornalmente ricorrenti (per bocca, faccio comunque notare, possono essere assorbiti solo 25 mg di Riboflavina per dose).

La Riboflavina, ribadisco, agisce sul deficit della riserva di energia mitocondriale del cervello e quindi risulta utile nella prevenzione dell’emicrania.

Quasi tutti gli alimenti di origine sia animale sia vegetale possiedono quantomeno modeste quantità di B2.

La luce declassa la Riboflavina: per es., la B2 del latte in bottiglia di vetro chiaro si dimezza dopo 2 sole ore di esposizione alla luce solare.

Per quanto attiene la tossicità di questa vitamina, non si sono connotate evidenze tali anche ad alti dosaggi.

Esperienze su cellule in coltura hanno mostrato che un surplus di Riboflavina accresce il pericolo della frattura del filamento del DNA al cospetto del cromo CrO2 (ossido di cromo, impiegato anche per fabbricare nastri magnetici e noto carcinogeno), per cui facciano attenzione gli operai che lavorano con questo elemento chimico.

Tutti noi che assumiamo integratori a dosaggi Ortomolecolari, conosciamo poi il termine flavinuria, ossia quel colore giallo chiaro che assume l’urina dopo l’assunzione della B2, effetto questo assolutamente privo di tossicità.

Per quanto attiene l’interazione della B2 coi farmaci, occorre dire che dosaggi elevati nell’uso di anticoncezionali per bocca arrecano un calo di Riboflavina, peraltro ammortizzabile con l’uso degli integratori, tipo la Formula Vm 2000 della Solgar.ie.

I farmaci discendenti dalla Fenotiazina (neurolettico della classe degli antipsicotici), quali la Clorpromazina (impiegato nella schizofrenia) e gli antidepressivi triciclici (Dotiepina, l'Imipramina l'Amitriptilina, impiegati negli stati depressivi) bloccano l’incameramento della B2 nei FAD e FMN, come pure la Quinacrina (antimalarico) e l’Adriamicina (chemioterapico).

Il Fenobarbital (antiepilettico) assunto per un tempo prolungato accresce il pericolo di deficit di B2, per via che gli enzimi epatici la distruggono.

Raffaele
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11 Anni 9 Mesi fa - 11 Anni 9 Mesi fa #10662 da Raffaele/Michelangelo
Risposta da Raffaele/Michelangelo al topic Re: Sulle vitamine e sui minerali.
Sul Ferro.

È tra i micronutrienti quello con più letteratura e risulta un fondamentale componente sia delle proteine sia degli enzimi.

Tanto l’emoglobina quanto la mioglobina sono proteine che possiedono eme, ossia un composto con il ferro contenuto all’interno di molecole di alto valore biologico, che presiedono alla veicolazione e all’approvvigionamento dell’ossigeno.

L’emoglobina degli eritrociti (globuli rossi o emazie) costituisce il 66% del ferro del nostro organismo.

La sua funzione vitale è quella di veicolare l’ossigeno dei polmoni a tutti gli altri distretti corporei, perché essa può incorporare celermente ossigeno nella breve permanenza a livello polmonare per poi liberarlo nei tessuti, in relazione al fabbisogno cellulare.

La mioglobina fa invece da carrier (trasportatore) e da rifornitore d’ossigeno a breve termine alle cellule dei tessuti muscolari.

Se il rifornimento d’ossigeno risultasse non idoneo (ipossia), come nel caso di chi abita a elevate altitudini o di chi ha patologie polmonari croniche, s’instaurerebbe da parte dell’organismo, come dire, un tipo di reazione compensatoria, che andrebbe a esitare in una superiore produzione di RBC (Red Blood Cells=Globuli Rossi), nell’angiogenesi (iper-accrescimento dei vasi sanguigni), in una più grande fabbricazione d’enzimi, usati nel ricambio anaerobico.

Infatti, in uno stato d’ipossia, i fattori di trascrizione, ossia quelli che propinano ipossia (HIF= Hypoxia Inducible Factor), s’uniscono ai fattori di risposta nei geni che codificano diverse proteine implicate nelle reazioni compensatorie dell’ipossia e ne accrescono la sintesi.

L’enzima propil idrossilasi, subordinato al ferro, esercita una funzione nevralgica nella regimentazione di HIF e dunque delle risposte fisiologiche all’ipossia.

Ora, se la tensione cellulare dell’ossigeno è commisurata, le nuove subunità sintetizzate HIFalpha saranno variate dall’enzima propil idrossilasi in un meccanismo vincolato al ferro, mirante a declassare celermente le HIFalpha, ma se la tensione superficiale dell’ossigeno scendesse al di sotto del livello di criticità, ecco che la propil idrossilasi non potrebbe degradare gli HIFalpha e ciò permetterebbe agli HIFalpha di unirsi agli HIFbeta e creerebbe un fattore di trascrizione attivo, capace d’introdursi nel nucleo e d’associarsi a particolari fattori di reazione sui geni, generando così ipossia.

Bene: sapete cosa sono i citocromi?

Sono dei composti che contengono eme, di vitale importanza per la fabbricazione d’energia cellulare, dunque per l’esistenza in vita, mediante le loro mansioni nella veicolazione mitocondriale degli eletroni.

Essi agiscono come carrier d’elettroni nella sintesi dell’ATP (adenositrifosfato), il maggior composto di deposito d’energia a livello endocellulare.

Pure gli enzimi non-eme che racchiudono ferro, per es. la NADH e la succinato deidrogenasi, sono decisivi per il ricambio dell’energia.

Il citocroma P450 corrisponde a una famiglia d’enzimi che intervengono nel ricambio d’una sequela di fondamentali molecole biologiche, nella detossificazione e nel metabolismo di farmaci e d’agenti inquinanti.

Tanto la catalasi quanto la perossidasi, enzimi con eme, ci tutelano dall’immagazzinamento del perossido d’idrogeno, specie reattiva dell’ossigeno, facente parte dei ROS (radicali liberi a maggior diffusione), molto nociva, tramutandolo in acqua e ossigeno.

Invece la ribonucleotide reduttasi è un enzima, subordinato al ferro, necessario per la sintesi del DNA.

Il ferro è dunque indispensabile per tutta una sequenza di operazioni basilari, inclusi lo sviluppo, la procreazione, il risanamento dalla malattia, l’efficienza immunitaria.

Vi sono evidenze che dimostrano che un deficit di Vitamina A può aggravare l’Anemia da insufficienza di ferro.

Infatti, tanto nei bambini quanto nelle donne incinta, s’è potuto promuovere la produzione di ferro somministrando la A in combinazione col ferro stesso.

Pure il rame s’è rivelato utile per il regolare ricambio del ferro e per la composizione degli eritrociti.

Testimonianze sugli animali riferiscono che il ferro si depositi nel loro organo epatico se essi sono carenti di rame e che questi sia necessario sia per veicolare il ferro nel midollo osseo sia per la costituzione degli eritrociti.

Le somministrazioni di cospicue dosi di ferro a digiuno con lo zinco bloccano l’assimilazione dello zinco stesso, evidenza questa che non si verifica se le assunzioni vengono fatte con gli alimenti: i cibi arricchiti in ferro non hanno negativi contraccolpi sull’assimilazione dello zinco.

Inversamente il calcio, se assunto nello stesso pasto col ferro, ne declassa l’asimilazione.

Nelle insufficienze di ferro, tra le più frequenti al mondo, si possono connotare 3 differenti stadi:

-diminuizione delle scorte di ferro: esse sono “prosciugate”, ma l’approvvigionamento funzionale di ferro non subisce alcuna riduzione;

-deficit funzionale iniziale di ferro: l’approvvigionamento funzionale di ferro è abbastanza insufficiente da ripercuotersi in negativo sulla composizione degli eritrociti ma non a tal punto da esitare in un’anemia quantificabile;

-anemia da deficit di ferro: la quantità di ferro è così consistente da non poter consentire la regolare composizione degli eritrociti e tale da generare anemia.

L’anemia da deficit di ferro, macrocitica e ipocromica, è caratterizzata da eritrociti con dimensioni più ridotte rispetto al normotipo e con una quantità minore d’emoglobina, con dei sintomi quali un’impropria dislocazione dell’ossigeno nei vari distretti corporei e un non regolare comportamento degli enzimi subordinati al ferro.

Ovviamente, serve ribadire che il deficit di ferro non sia la sola motivazione dell’Anemia: in quella megaloplastica o macrocitica, per es., per come precedentemente espresso, collegabile a un deficit di Acido folico (B9) nel midollo osseo, c’è un’irregolare scissione cellulare a livello ematico, con gli eritrociti di maggior dimensione ma di minor numero; analogamente, nella carenza da B12, la quale esita nell’Anemia perniciosa, come vedremo poi parlando della vitamina B12 su questo thread.

Il battito cardiaco accelerato, il cardiopalmo (batticuore), il respiro corto sotto sforzo, la fiacchezza sono la sintomatologia tipica del deficit di ferro, ossia dell’Anemia.

Anche le prestazioni fisiche nel lavoro e nello sport declassano col deficit di ferro, perché lo scarso livello d’emoglobina degli eritrociti comporta una riduzione della dislocazione dell’ossigeno nei tessuti attivi.

Non solo: un ribasso di mioglobina nelle cellule muscolari riduce il livello d’ossigeno da destinare ai mitocondri per il ricambio ossidativo.

La mancanza di ferro diminuisce pure la capacità ossidativa muscolare, evidenziando un declassamento mitocondriale nei citocromi e di certi enzimi subordinati al ferro, necessari per veicolare gli elettroni e per la sintesi dell’ATP (Adenositrifosfato).

Si registra una deplezione di ferro anche nel caso d’una generazione d’acido lattico.

La carenza di ferro connota un’alterazione dell’omeostasi per esposizione al freddo e nelle preoccupanti Anemie si registrano unghie “a cucchiaio” piuttosto deboli, lesioni ai bordi della bocca, indebolimento del gusto e lingua rovinata.

Ci sono poi certe Anemie, già a un livello evoluto, che presentano complicazioni nell’ingestione, perché si formano dei noduli, associabili anche a una tendenza ereditaria, sia in gola sia sull’esofago (sindrome di Plummer-Vinson).

Anche la pica (dall’omonimo uccello che mette in bocca tutto ciò che reperisce) è uno specifico problema comportamentale, ch’è al contempo un posibile sintomo ma anche una probabile causa del deficit di ferro.

Tra i soggetti più esposti al pericolo d’un deficit di ferro figurano:

-neonati e bambini (6 mesi-4 anni): per via del loro veloce ruolino di marcia nell’accrescimento, mentre le loro eventuali scorte possono bastare al massimo per 6 mesi;

-adolescenti: anch’essi in veloce evoluzione; poi, nelle ragazze il ciclo mestruale determina una superiore domanda di ferro;

-donne incinta: feto in accrescimento, placenta e crescita del volume del flusso ematico attivano una considerevole esigenza di ferro;

-soggetti con croniche deplezioni ematiche: se si considera che 1 ml di sangue ha una concentrazione di 15 g/l di emoglobina e che contiene 0,5 mg di ferro, si capisce come mai le deplezioni croniche anche di modeste quantità ematiche possano generare deficit di ferro (infezioni parassitarie enteriche, donatori di sangue, donne mestruate, perché ogni 500 ml di sangue donato o perso ha tra i 200 e i 250 mg di ferro);

-soggetti affètti da Helicobacter pylori, soprattutto i bambini, anche senza alcuna evidenza di perdita ematica a livello gastroenterico;

-soggetti coinvolti in una sistematica e faticosa attività motoria: dato che l’intenso esercizio fisico potrebbe determinare in questi soggetti microperdite ematiche del tratto gastroenterico o una superiore fragilità e spaccatura degli eritrociti, è auspicabile una giornaliera assunzione d’un 30% in più di ferro;

-vegetariani: il ferro d’origine vegetale è assimilato con minor intensità rispetto a quello di provenienza animale (una dieta esclusivamente vegetariana ha un assorbimento del ferro del 10%, mentre una dieta variata, del 18% circa).

A chi fosse completamente vegetariano, ecco le giuste quantità di ferro:

-maschi adulti e femmine già in menopausa: 14 mg al giorno;

-femmine non in menopausa e adolescenti: 26 mg al giorno.

Tantissime ricerche hanno concluso sullo stretto legame tra l’Anemia da deficit di ferro nei bambini e un loro inadeguato sviluppo nell’apprendimento, con tanto d’inappropriato profitto scolastico e di disturbi comportamentali.

Infatti, pare che i bambini affètti da Anemia propendano verso una minore “scoperta” del mondo a loro circostante rispetto ai loro coetani non anemici.

Anche la conduzione al cervello da parte dei nervi ottico e uditivo risulta negli anemici più rallentata, probabilmente perché subentrano delle varianti nella rimielinizzazione dei nervi, come si osserva negli animali con insufficienza di ferro.

Finanche i neurotrasmettitori sono influenzati dalla carenza di ferro.

Il deficit di ferro può alimentare il pericolo nei bambini d’una tossicità da piombo, i cui valori risultano più rialzati.

Il ferro basso alimenta, poi, l’assimilazione enterica del piombo.

Molte evidenze scientifiche connotano una marcata correlazione tra deficit in donne incinta e nascita di bambini sottopeso, oppure parti anticipati o addirittura decessi della madre.

Inversamente, un alto valore dell’emoglobina in gravidanza può essere messo in relazione con talune complicanze, ma non in tal senso predisponenti, quali l’ipertensione o la pre-eclampsia* (patologia della gravidanza), che può subentrare dopo la 20^ settimana di gestazione e fino a 6 settimane dopo la nascita, che causa alta pressione, proteine nel flusso urinario, gonfiore.

Il ferro serve per innumerevoli processi immunitari, incluse la diversificazione e la riproduzione dei Linfociti T, la creazione dei ROS dagli enzimi subordinati al ferro, impiegati per abbattere i germi patogeni.

Vi sono evidenze scientifiche che mostrano in colture di cellule e su animali che l’esistenza in vita dei microrganismi patogeni, quelli, per intendersi, che vivono nelle cellule ospiti quali, per es., i plasmodi della malaria, ma anche i micobatteri della tubercolosi, può essere prolungata dalla somministrazione di ferro.

Nelle patologie infettive, infatti, come l’HIV, acronimo dall'inglese Human Immunodeficiency Virus, Virus da imunodeficienza umana, la tubercolosi e la febbre tifoidea, il ferro, al cospetto del perossido d’idrogeno (acqua ossigenata), genera il radicale idrossilico OH-, il più potente radicale libero endogeno, per cui integrare ferro, in relazione a bassa sideremia in particolari processi infiammatori, può sortire l’effetto d’alimentare lo stato infiammatorio e d’arrecare conseguenze negative a carico di vari organi.

Conoscete la RSL (acronimo di Restless Legs Syndrome, Sindrome delle gambe senza riposo), ossia un difetto neurologico della deambulazione, collegato frequentemente a problemi di sonno?

Nelle persone affètte da tale patologia c’è un irrefrenabile desiderio di muovere le gambe, percezione più che altro avvertita a riposo e interagente col sonno, ma anche un deficit, per cui esse ricavano giovamento da un’integrazione di ferro.

Si connota una particolare situazione in cui i valori della Ferritina risultano minori, mentre quelli della Transferrina nel liquido cerebrospinale maggiori.

Pare anche, da esami strumentali quale la RM (Risonanza Magnetica), che pazienti affètti da deficit di ferro in talune aree cerebrali siano collegabili a persone con RLS, situazione probabilmente riconducibile al fatto che il lavoro d’un enzima subordinato al ferro, la tirosin idrossilasi (TH), riduca la sintesi del neurotrasmettitore Dopamina.

Sono 2 i fattori che incidono sull’assimilazione del ferro sia alimentare sia da integrazione:

-lo stato nutrizionale del ferro nell’individuo;

-se il ferro è “eme” o “non-eme”.

Per es., i soggetti anemici o in deficit di ferro assimilano una maggiore percentuale di ferro nei confronti dei non anemici (soprattutto il ferro non-eme) e possiedono abbastanza scorte di ferro.

Cerchiamo di chiarire meglio il concetto di ferro “eme “ e “non-eme”.

Il ferro “eme” proviene dall’emoglobina e dalla mioglobina, in senso generale dalla carne, intendendo per tale anche il pesce, e quantunque costituisca al massimo un 15% del ferro dietetico, esso può rappresentare fino al 33% del ferro dietetico complessivo.

Il ferro “non-eme”, oltre che dalla carne, deriva dalle verdure, dai latticini, dai sali di ferro integrati negli alimenti.

La sua assimilazione risente tantissimo dei “facilitatori” e degli “inibitori” che si trovano nello stesso posto.

Tra i facilitatori dell’assimilazione del ferro “non-eme” c’è la Vitamina C, la quale trasforma il ferro ferrico dietetico, Fe+++, in ferro ferroso, Fe++, e genera un’associazione assimilabile “ferro-acido l-ascorbico”.

Anche gli acidi, citrico, malico, tartarico, lattico migliorano l’assorbimento del ferro non-eme, come del resto fanno la carne, il pesce, il pollame, che dispensano con una certa abbondanza anche il ferro non-eme.

Diversamente, tra gli inibitori del ferro non-eme figura l’acido fitico dei legumi, del riso, del grano: esigue quantità tra i 5 e i 10 mg declassano l’assimilazione del ferro non-eme.

L’assimilazione, poi, del ferro dei legumi (soia, lenticchie, fagioli neri e verdi, piselli, …) è, press’a poco, del 2%.

Anche i polifenoli (frutta, verdura, caffè, the, vino, spezie) declassano significativamente l’assimilazione del ferro non-eme, effètto che può essere attenuato dall’assunzione di C, come del resto fanno le proteine della soia (tofu), a prescindere dalla maggiore o minore presenza di Acido fitico.

Alcune ricerche di livello nazionale, effettuate negli Stati Uniti, fissano l’assunzione alimentare del ferro, mediamente, tra i 16 e i 18 mg al giorno per gli uomini, 12 mg al giorno per le donne in pre e post-menopausa e 15 mg per le donne incinta.

Le integrazioni di ferro sono necessarie a scopo preventivo e per curare le insufficienze di ferro.

I soggetti come gli uomini adulti e le donne in post-menopausa non necessitano di integrazioni di ferro, se non dopo attenta valutazione medica sul loro eventuale deficit.

In tal senso è conveniente precisare:

-il solfato ferroso (eptaidrato) è ferro essenziale per il 22%;

-il solfato ferroso (monoidrato) è ferro essenziale al 33%;

-il gluconato ferroso è ferro essenziale al 12%;

-il fumarato ferroso è ferro essenziale al 33%.

Il sovraccarico di ferro può collegarsi a vari difetti genetici: l’emocromatosi ereditaria fa accumulare il ferro anche se lo si assume regolarmente, quella africana sahariana comporta sia una predisposizione genetica sia un’elevata assunzione di ferro.

Per meglio approfondire, l’emocromatosi ereditaria (HH), che riguarda 1 soggetto su 200 tra i successori nord-europei, comporta un accumulo di ferro nell’organo epatico e in altri tessuti, a seguito d’una esigua assimilazione in più di ferro per diversi anni, evento questo che, se non trattato, può esitare nella Cirrosi epatica, nel diabete, nelle cardiomiopatie, nell’artrite.

Come dire, un disturbo genetico inerente l’assimilazione enterica del ferro per diversi anni, codificata dal gene HFE.

Il surplus di ferro nell’emocromatosi ereditaria è curato mediante flebotomia, ovvero con il prelievo di 500 ml di sangue per volta, secondo intervalli collegati alla pericolosità dell’accumulo di ferro.

Ai soggetti affètti da tale patologia si sconsiglia qualsiasi integrazione di ferro, senza proibire, in generale, quello dietetico.

Anche l’uso di bevande alcoliche è grandemente osteggiato, per non alimentare il pericolo di cirrosi epatica.

I soggetti con familiari affètti da emocromatosi dovrebbero sottoporsi al test genetico mediante un prelievo ematico.

Nell’emocromatosi africana sub-sahariana, il surplus di ferro riguardante i neri del Sud-Africa è collegato ad atavici regimi alimentari ricchi di ferro, proveniente soprattutto dalle pentole per cuocere e dai contenitori in acciaio inox, impiegati per lo stoccaggio della birra, e incide massimamente sui soggetti adulti che consumano così tanta birra al punto che l’assorbimento del ferro può straforare anche i 100 mg al giorno.

Anche in questo caso, si possono manifestare diabete e cirrosi epatica.

Diversamente da quella ereditaria, l’emocromatosi africana sub-sahariana necessita d’una elevata assunzione di ferro insieme a un fattore genetico non ancora del tutto noto.

Nelle significative anemie ereditarie, non generate da deficit di ferro, può crearsi un eccesso di ferro, per via d’una esagerata assimilazione di ferro alimentare, quale soddisfacimento a un costante impegno del corpo di creare eritrociti.

I soggetti anemici in pericolo di sovraccarico di ferro includono gli affètti da anemia sideroblastica, quelli da talassiemia maggiore, se sottoposti a troppe trasfusioni e i deficitari di piruvato chinasi eritrocitaria (enzima che conduce all’alterazione della membrana e alla morte del globulo rosso).

Diversamente, i soggetti con sferocitosi e talassiemia minore non incombono per lo più in sovraccarico di ferro, tranne che non siano vittime di errata diagnosi e siano state loro somministrate elevate quantità di ferro per lunghi anni, in quanto erroneamente ritenuti d’essere in carenza di ferro.

Le persone in salute e non soggette a predisposizione genetica che si sottopongono a integrazione di ferro difficilmente incombono in sovraccarico e ciò denota come l’organismo tenga sotto stretta sorveglianza il minerale in questione nel livello enterico.

I soggetti che non hanno un deficit di ferro non dovrebbero comunque ricorrere a integrazioni per non rischiare magari d’incorrere nell’emocromatosi ereditaria o in un persistente surplus da supplementazione di ferro.

Nei bambini non ancora in età scolare, un eccesso di ferro è la sola motivazione d’una intossicazione letale di ferro.

E quantunque il quantitativo mortale di ferro per os sia pressappoco tra i 200 e i 250 mg/Kg di peso corporeo, si sono registrati ugualmente decessi anche con quantità decisamente più ridotte.

Già, infatti, dosaggi tra i 20 e i 60 mg/Kg di peso corporeo hanno mostrato segni di tossicità acuta, per come segue:

-entro la 6^ ora dall’assunzione: nausea, vomito, sofferenza ventrale, feci catramose, stato di torpore, battito rapido ma fievole, ipotensione, ipertermia, problemi respiratori, coma;

-entro la 48^ ora: gravi ripercussioni sul cardiovascolare, sull’organo epatico, a livello renale, sul S.N.C. (Sistema Nervoso Centrale);

-entro la 6^ settimana: deterioramento del S.N.C., cirrosi epatica, seri problemi a livello gastrico.

In caso di carenza, le supplementazioni di ferro apportano infiammazioni allo stomaco e all’intestino, voltastomaco, conati di vomito, dissenteria o stipsi.

Occorre, inoltre, per scongiurare il rischio di “sporcare” i denti, diluire le supplementazioni di ferro per bocca e assumerlo col cibo per tamponare gli eventuali contraccolpi a livello gastroenterico.

Un’alimentazione variegata sarebbe utile a fornire un adeguato contenuto di ferro, ma tantissimi individui non ne consumano abbastanza da evitarne la carenza.

Un integratore multivitaminico-multiminerale che fornisse il 100% dell RDA dovrebbe contenere 18 mg di ferro essenziale, dose ideale per le donne in pre-menopausa ma eccessiva sia pei maschi sia per le femmine in post-menopausa, i quali, se non sono in pericolo d’insufficienza di ferro, dovrebbero preferire integratori privi di ferro o con modeste quantità.

Gli anziani, tra i 65 e oltre anni d’età, non dovrebbero in linea di massima usare integratori con ferro, se non siano state accertate le loro insufficienze per questo minerale, determinandone precisamente la causa.

Nota

*Nell’eclampsia, ai sintomi della pre-eclampsia si assommano gli attacchi convulsivi.

La preeclampsia è un tipico stato d’elevazione dei valori pressori, come ben conoscono, mi auguro senza mai averlo provato, le donne nel III° mese di gestazione, che può associarsi a gonfiore (edema) e fastidi renali (troppe proteine nelle urine).

Se non trattata (5% circa di tutte le gravidanze), essa sfocia nell’eclampsia che può rappresentare un serio rischio per l’icolumità sia della madre sia del nascituro.

Raffaele
Ultima Modifica 11 Anni 9 Mesi fa da Raffaele/Michelangelo.

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