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Domanda Palmitoilethanolamide (PEA)

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4 Anni 3 Settimane fa #64995 da miciofelix
Risposta da miciofelix al topic Palmitoilethanolamide (PEA)
www.laleggepertutti.it/376189_coronaviru...-in-caso-di-contagio

" Coronavirus: come aiutare il sistema immunitario in caso di contagio
12 Marzo 2020

Sabatino Maione, professore ordinario di Farmacologia della Facoltà di Medicina dell’università Vanvitelli di Napoli, spiega che “In caso di infezione il corpo attiva un processo infiammatorio difensivo ma che in alcune condizioni, se persiste, può diventare patologico debilitando il sistema immunitario. È questo che accade con il contagio da coronavirus, di fronte al quale l’organismo presenta un deficit immunitario. Per questo è importante controllare il meccanismo infiammatorio. Una possibilità potrebbe arrivare dalla palmitoiletanolamide ultra-micronizzata (Pea-um)”. Lo afferma in una nota che la nostra redazione ha appena ricevuto dall’agenzia di stampa Adnkronos.

Se questa molecola funziona sull’infiammazione periferica e sulla neuroimmunoinfiammazione – spiega – si potrebbe immaginare un suo ruolo anche in caso di infiammazione polmonare, per aiutare il sistema immunitario a rafforzarsi per combattere il virus. Il coronavirus è un agente esterno di cui non abbiamo conoscenza, la nostra memoria immunitaria non ha esperienza pregressa per cui il fenomeno infiammatorio che si scatena diventa presto incontrollabile: l’attivazione del mastocita, cellula del sistema immunitario fortemente rappresentata nella mucosa del tratto respiratorio, scatena una tempesta di citochine, mediatori dell’infiammazione – continua l’esperto – la conseguenza è una disregolazione del sistema immunitario”.

L’infiammazione “aumenta e mantiene i processi patologici indotti dall’infezione virale soprattutto nel soggetto anziano che ha già un sistema immunitario compromesso. Quindi un intervento mirato alla regolazione del sistema immunitario, potrebbe coadiuvare in parte il trattamento terapeutico non ancora chiaro sia in termini di intervento sul virus che sulle componenti patologiche indotte dall’infezione”, spiega l’esperto.

“La palmitoiletanolamide ultra-micronizzata, sostanza endogena, non tossica e dal forte potere anti-infiammatorio – prosegue Maione – è in grado di controllare l’iper-attivazione del mastocita. La sua azione favorisce l’attivazione di sistemi endogeni coinvolti con i processi infiammatori come i cannabinoidi, determinando lo spostamento delle cellule dell’infiammazione verso un fenotipo protettivo. Bisogna allora tentare di capire se questa molecola può aiutare il sistema immunitario a rafforzarsi, favorendo la capacità di aggressione anche in presenza di una patologia come quella che si instaura in seguito all’infezione da coronavirus”.

“Una proposta potrebbe essere quella di utilizzare la Pea-um come terapia coadiuvante, insieme ai farmaci già in via di somministrazione, essendo per di più una sostanza sicura, endogena, priva di tossicità
”, conclude."

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2 Anni 1 Settimana fa #68818 da miciofelix
Risposta da miciofelix al topic Palmitoilethanolamide (PEA)
www.ansa.it/canale_saluteebenessere/noti...41-4fdb65530dd1.html (articolo di ottobre 2021) in basso all'articolo c'è il riferimento alla Palmitoiletanolamide:

"Ricordare momenti felici di vita vissuta, legati a odori e sapori, per recuperare olfatto e gusto dopo essersi ammalati di Covid.

E' l'intuizione della professoressa Arianna Di Stadio, ricercatore onorario presso il Laboratorio di Neuroinfiammazione del UCL Queen Square Neurology di Londra, docente di Neuroscienze all'Università di Perugia, che ha coordinato uno studio sulla connessione tra perdita di memoria e anosmia e ageusia nella sindrome del long Covid, sottomesso per la pubblicazione ad una rivista scientifica.

Quando si perde la memoria si dimenticano anche gli odori e i sapori. Se, infatti, in primo luogo, la ricerca riconduce lo stato di nebbia cerebrale e la perdita di olfatto e gusto ad una neuroinfiammazione causata dall'impatto del virus sul sistema nervoso centrale, i sapori e gli odori possono essere ritrovati lavorando anche sull'aspetto emotivo: "Sono molti i ricordi legati a forti emozioni e molti di questi ci riportano alla mente certi odori e sapori. Recuperando i ricordi positivi collegati, si possono ritrovare quegli odori e quei sapori", afferma l'esperta.

Lo studio - che si è basato sui dati raccolti dall'Ospedale San Giovanni di Roma, dall'Università di Tor Vergata e dall' Ospedale di Fano - ha incluso 151 pazienti (102 donne e 49 uomini) non ospedalizzati con disturbi dell'olfatto persistenti (almeno 5 mesi) correlati al Covid-19. La nebbia cerebrale o 'brain fog' era presente nel 60% dei pazienti con anosmia, la cefalea nel 61,8%. In entrambi i casi parliamo di popolazione Long Covid.

"Il nostro studio ha identificato una correlazione tra nebbia cerebrale, brain fog, e anosmia e a supposto che l'alterazione della memoria possa avere un impatto negativo sulla capacità olfattiva - spiega Di Stadio - Il Covid presenta un'ampia gamma di manifestazioni cliniche e durata dei sintomi.

Il virus attraverso il naso può diffondersi sia all'encefalo che al resto del corpo determinando appunto una patologia multiorgano. In particolare, l'infezione dell'encefalo è responsabile di sintomi come anosmia, problemi di memoria e nebbia cerebrale ed altri sintomi neurologici che, se persistenti, sono annoverati nella cosiddetta sindrome long Covid. Nello studio abbiamo analizzato la prevalenza del deficit di memoria in una corte di pazienti con disturbi olfattivi e abbiamo osservato come per il 60% erano affetti da nebbia cerebrale e per il 61,8% da mal di testa. Da un lato il bulbo olfattivo, area di ingresso del virus nel cervello, potrebbe aver aumentato la suscettibilità all'infiammazione, mentre un'infiammazione più diffusa del cervello provoca la nebbia cerebrale. Dall'altro i pazienti con nebbia cerebrale hanno maggiori difficoltà a ricordare correttamente gli odori. Dunque, sia la nebbia cerebrale sia la perdita di olfatto possono derivare dalla diffusione del virus nelle aree della memoria dove risiede la funzione cognitiva ed essere manifestazioni di neuroinfiammazione diffusa".

"La neuroinfiammazione Sars-Cov-2 è potenzialmente un percorso comune, che potrebbe spiegare il mal di testa persistente e la nebbia cerebrale in associazione con l'anosmia - afferma ancora l'esperta - I trattamenti farmacologici per ridurre la neuroinfiammazione potrebbero, dunque, avere un ruolo nel ridurre la sofferenza del mal di testa e della nebbia cerebrale e nel promuovere il recupero della funzione olfattiva.

In particolare, PEALut (palmitoiletanolamide co-ultramicronizzata con Luteolina), un ultramicrocomposito antineurofiammatorio e insieme antiossidante, in grado di riparare il danno neuronale, è promettente per alleviare i sintomi neurocognitivi e promuovere il recupero olfattivo come dimostrato dallo studio pubblicato su European Review of Medical and Pharmacological Science. La molecola è, infatti, in grado di intervenire sul processo neuroinfiammatorio modulando l'azione delle cellule non-neuronali e l'effetto dello stress ossidativo grazie all'azione antiossidante della luteolina". (ANSA). "

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2 Anni 1 Settimana fa - 2 Anni 1 Settimana fa #68820 da miciofelix
Risposta da miciofelix al topic Palmitoilethanolamide (PEA)
giugno 2021: (molto lungo ma molto interessante, sembra un sito affidabile anche se ovviamente occorre verificarlo...ma nel sito riporta anche i riferimenti a tutti i vari studi fatti su quanto viene scritto nell'articolo, anche se la prova sul campo è stata fatta su una sola persona....)

www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1098882321000150

(traduzione in italiano)

"Palmitoiletanolamide (PEA) micronizzata/ultramicronizzata come neuroprotettore naturale contro l'infiammazione da COVID-19

Il COVID-19 sta sconvolgendo il mondo e sono necessarie soluzioni terapeutiche innovative nel tentativo di contrastare questa nuova pandemia.


Una grande speranza risiede nei vaccini contro il COVID-19, ma i farmaci per curare il paziente infetto sono altrettanto necessari.


Nel COVID-19 grave si verifica una tempesta di citochine con neuroinfiammazione, che mette a serio rischio la vita del paziente, con possibili sequele.


PEA possiede proprietà antinfiammatorie e neuroprotettive, che la rendono un candidato ideale da assumere nelle prime fasi della malattia.


La nostra esperienza preliminare di successo nel trattamento del COVID-19 mediante mPEA più umPEA è qui riportata.

Astratto

La malattia da coronavirus 2019 (COVID-19) sta sconvolgendo il mondo e sono necessarie soluzioni terapeutiche innovative nel tentativo di contrastare questa nuova pandemia. Una grande speranza risiede nei vaccini, ma i farmaci per curare il paziente infetto sono altrettanto necessari. Nelle forme più gravi della malattia si verifica una tempesta di citochine con neuroinfiammazione, che mette a serio rischio la vita del paziente, con sequele talvolta di lunga durata. È noto che la palmitoiletanolamide (PEA) possiede proprietà antinfiammatorie e neuroprotettive, che la rendono un candidato ideale da assumere nelle prime fasi della malattia. Qui, forniamo una mini-recensione sull'argomento, evidenziando il consumo di fosfolipidi in COVID-19, il possibile sviluppo di una sindrome antifosfolipidica secondaria all'infezione da SARS-CoV-2 e riportando la nostra esperienza preliminare su un singolo caso riguardante un 45- paziente di sesso femminile COVID-19 di un anno recentemente trattata con successo da PEA micronizzata/ultramicronizzata.

1 . Palmitoiletanolamide (PEA)

PEA è un'ammide di acidi grassi in grado di legare il recettore-α attivato dal proliferatore del perossisoma (PPAR-α), noto anche come del recettore nucleare 1 - gruppo C - membro 1 (NR1C1), un importante regolatore del metabolismo lipidico [ 1 ] . Inoltre, la PEA mostra affinità per il recettore vanilloide 1 (VR1) e per i recettori accoppiati a proteine ​​G simili ai cannabinoidi 55 (GPR55) e 119 (GPR119) [ 2 ], potenziando dell'anandamide per mezzo dell'«effetto entourage» [ 3 , 4 ]. Nel 1993 il Premio Nobel per la Medicina Rita Levi-Montalcini (Torino, 22 aprile 1909 – Roma, 30 dicembre 2012) ha fornito prove scientifiche che la PEA sottoregola i mastociti iperattivi in ​​maniera dose-dipendente, attraverso un meccanismo di feedback definito “autacoide locale antagonismo infiammatorio” (ALIA); per questo motivo PEA è soprannominato «ALIAmide» [ 5 ]. In virtù di queste molteplici interazioni, la PEA è dotata di proprietà antinfiammatorie [ 6 , 7 ], antinocicettive [ 8 , 9 ], neuroprotettive [ [10] , [11] , [12] ] e anticonvulsivanti [ 13 ].

2 . PEA nelle infezioni virali respiratorie

A vent'anni dal lavoro di Levi-Montalcini, un articolo di revisione sull'efficacia clinica e la sicurezza della PEA nel trattamento dell'influenza e del raffreddore, basato sui dati di 6 studi randomizzati controllati in doppio cieco, placebo (circa 4.000 persone), è stato pubblicato con successo [ 14 ]. Al giorno d'oggi, il suo utilizzo è stato riproposto per mitigare lo stato neuroinfiammatorio e la tempesta di citochine nella Coronavirus 2019 (COVID-19) [ 14 , 16 ], e due studi clinici in tal senso sono stati avviati in Italia e negli Stati Uniti sfruttando micronizzati e ultramicronizzati PEA [ 17 , 18 ].

3 . Tecnica di micronizzazione del PEA

PEA è una tecnica brevettata che permette di ridurre il diametro delle particelle di PEA fino ad una dimensione micronizzata di 2 ± 6 μm (mPEA), ottimamente assorbibile lungo l'intestino, oppure ad una dimensione ultramicronizzata di 0,8 ± 2 μm (umPEA), in grado di attraversare anche la barriera ematoencefalica [ 19 ].

4 . COVID-19 e sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2 (SARS-CoV-2)

COVID-19 è una malattia complessa con molti problemi clinicopatologici, inclusi quelli respiratori, vasculo-coagulativi e immunitari [ [20] , [21] , [22] ]. In quei pazienti che necessitano di terapia intensiva, vi è una significativa compromissione della funzione immunitaria del T-helper 1 (T h 1) (immunità cellulo-mediata); di conseguenza, il sistema immunitario è costretto a polarizzarsi verso una risposta immunitaria (immunità umorale) T-helper 2 (T h 2), i cui effettori sono mastociti, basofili, eosinofili e plasmacellule [ 23 , 24 ]. Oltre a mostrare potere antivirale, i mastociti esprimono l'enzima di conversione dell'angiotensina 2 (ACE2), il principale recettore sfruttato da SARS-CoV-2 per entrare nelle cellule umane, diventando essi stessi un possibile bersaglio dell'attacco virale [ 25 , 26 ]. Pertanto, è stato documentato un ruolo attivo e passivo dei mastociti nel COVID-19 [ 25 ]. La ricerca scientifica si è concentrata principalmente sulla proteina spike SARS-CoV-2, in grado di legare i recettori ACE2; tuttavia, la superficie esterna del virione è costituita da altre due proteine ​​strutturali, note come proteine ​​dell'involucro e della membrana, e da un importante involucro fosfolipidico, che deriva dalla membrana citoplasmatica della cellula infetta per gemmazione ( Fig. 1 ).

5 . Sindrome da anticorpi secondari e consumo di fosfolipidi dall'infezione da SARS-CoV-2

È proprio contro questo involucro fosfolipidico che si possono sviluppare autoanticorpi ( es lupus anticoagulant , anticardiolipina, anti-β2glicoproteina), instaurando una grave sindrome antifosfolipidica secondaria all'infezione da SARS-CoV-2, in grado di spiegare, al tempo stesso, la riportato episodi di demielinizzazione e la concomitante insorgenza di trombosi arteriosa e venosa in una percentuale di pazienti COVID-19 poco inferiore al 5% [ 27 ]. membrana fosfolipidi delle cellule infette per equipaggiare il suo involucro, la conseguenza logica prevista è che l'organismo soffra di una carenza acuta di precursore (fosfatidiletanolamina) per sintetizzare la PEA , essenziale per controllare la neuroinfiammazione e l'iperreattività sistemica. Inoltre, attraverso ACE2 , SARS-CoV-2 infetta anche i neuroni olfattivi fino a raggiungere il bulbo olfattivo, dove può attivare la microglia con conseguente rilascio di mediatori pro-infiammatori [ 28 , 29 ]. Questo può portare a transitoria anosmia più ageusia, soprattutto nelle pazienti di sesso femminile, e a sintomi e segni di coinvolgimento cerebrale, come ansia, depressione, astenia nervosa, disturbo post-traumatico da stress, mal di testa, insonnia, disfunzioni cognitive (nebbia cerebrale, vuoti di memoria ), delirio o encefalite, talvolta a lungo termine (≥ 4 settimane), il cosiddetto «covid lungo» ( Tabella 1 ).

6 . Esperienza preliminare su un singolo caso per il trattamento del COVID-19 mediante PEA micronizzato/ultramicronizzato

Sulla base di tutte queste argomentazioni, previo consenso informato, abbiamo recentemente trattato una paziente di 45 anni COVID-19, poliallergica, risultata positiva al tampone antigenico rapido poi confermata positiva mediante reazione a catena della polimerasi a trascrizione inversa (rRT -PCR), con mPEA 300 mg più umPEA 600 mg in compresse (Normast® MPS), 3 volte al giorno fino alla negativizzazione della rRT-PCR avvenuta dopo 17 giorni, dall'inizio della comparsa di cefalea, prostrazione, mialgia e vie respiratorie sintomi (tosse, raffreddore). La radiografia del torace iniziale eseguita al pronto soccorso non ha mostrato segni di polmonite interstiziale in corso ( Fig. 2 ), e gli esami del sangue hanno evidenziato solo leucocitosi lieve con immunoglobuline E totali elevate (412 UI/mL) a causa dell'atopia nota. Vista l'assenza di comorbilità rilevanti, la paziente è stata rimandata al suo domicilio in quarantena, dove ha subito iniziato la PEA sotto costante controllo medico con, in aggiunta, antipiretico (paracetamolo) al bisogno. Il decorso della malattia è stato favorevole senza iperpiressia o iperperistalsi, normale saturazione di ossigeno e nessuna perdita dell'olfatto o del gusto.

7 . Conclusione e prospettiva

La nostra esperienza su un singolo caso supporta la somministrazione di mPEA più umPEA come adiuvante antinfiammatorio e neuroprotettivo nella prima fase di COVID-19 e pone le basi per ulteriori ricerche su casistiche più ampie.
Da un punto di vista speculativo, la sua introduzione nel protocollo multifarmaco contro il COVID-19 grave potrebbe anche essere utile per mitigare, in una certa misura, la tempesta di citochine in questi pazienti critici con il vantaggio di non indebolire l'immunità cellulo-mediata, come viceversa fanno gli immunosoppressori agenti già utilizzati in questo contesto, come corticosteroidi o il tocilizumab [ 30 ]. La linfocitopenia virus-indotta è infatti un parametro prognostico sfavorevole nel COVID-19, in grado di esacerbare, se ulteriormente aggravato dalla terapia, gravi infezioni opportunistiche o riattivazioni erpetiche fatali [ 30 , 31 ]. Proprio questo parametro potrebbe essere considerato per PEA nel regime multifarmaco COVID-19, invece di un aumento del dosaggio dell'immunosoppressore esistente o dell'introduzione di uno nuovo; in questo modo si potrebbero sfruttare appieno le proprietà antiossidanti della PEA, poiché riduce l'espressione di ciclossigenasi 2 e ossido nitrico sintasi 2, che svolgono un ruolo chiave nella regolazione della risposta immunitaria alle infezioni [ 15 , 16 ]. La dose giornaliera più adatta sarebbe 2700 mg come sospensione orale (mPEA 300 mg più umPEA 600 mg 3 volte al giorno) in aggiunta alla terapia standard stabilita per ciascun paziente. Tuttavia, l'obiettivo principale deve rimanere quello di curare il paziente quando compaiono i primi sintomi o linee febbrili, in modo da prevenire l'insorgere di uno stato iperinfiammatorio, allora difficile da gestire nella pratica clinica, soprattutto nei pazienti più anziani e fragili. "

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Ultima Modifica 2 Anni 1 Settimana fa da miciofelix.

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2 Anni 1 Settimana fa - 2 Anni 1 Settimana fa #68821 da Liuc33
Risposta da Liuc33 al topic Palmitoilethanolamide (PEA)
Il PEA va bene, bella cosa, ma non mi piace come scrivono ingrandendo pandemia covi flagello, non ci credo sono balle :P

Mette in risalto

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Ultima Modifica 2 Anni 1 Settimana fa da Liuc33.

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2 Anni 1 Settimana fa #68822 da Liuc33
Risposta da Liuc33 al topic Palmitoilethanolamide (PEA)
Poi: la grande speranza sono nei vaccini :lol: :lol: :lol: ma dove? :lol:

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1 Anno 11 Mesi fa #68901 da miciofelix
Risposta da miciofelix al topic Palmitoilethanolamide (PEA)
febbraio 2022, da Pubmed:

pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35215365/

(traduzione italiana:)

"La palmitoiletanolamide ultramicronizzata (um-PEA), un composto con proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e neuroprotettive, sembra essere un potenziale trattamento adiuvante per le prime fasi della malattia da Coronavirus 2019 (COVID-19). Nel nostro studio, abbiamo arruolato 90 pazienti con diagnosi confermata di COVID-19 che sono stati randomizzati in due gruppi, omogenei per età, sesso e BMI. Il primo gruppo ha ricevuto un'integrazione orale a base di um-PEA alla dose di 1800 mg/die per un totale di 28 giorni; il secondo gruppo era il gruppo di controllo (RS 73.20). Al basale (T0) e dopo 28 giorni di trattamento con um-PEA (T1), abbiamo monitorato: parametri di laboratorio di routine, biomarcatori di stress infiammatorio e ossidativo (OS), sottopopolazione di linfociti e risposta sierologica COVID-19. A T1, il gruppo trattato con um-PEA ha presentato una significativa riduzione dell'infiammazione rispetto al gruppo di controllo (CRP p = 0,007; IL-6 p = 0,0001; rapporto neutrofili/linfociti p = 0,044). Al T1, i controlli hanno mostrato un aumento significativo della OS rispetto al gruppo trattato (FORT p = 0,05). Al T1, il gruppo um-PEA ha mostrato una diminuzione significativa dei livelli di D-dimero ( p = 0,0001) e livelli più elevati di IgG contro SARS-CoV-2 ( p = 0,0001) rispetto ai controlli. I nostri dati hanno dimostrato, in uno studio clinico randomizzato, gli effetti benefici dell'um-PEA in pazienti sia asintomatici che lievemente sintomatici correlati alla riduzione dello stato infiammatorio, dell'OS e delle alterazioni della cascata coagulativa."

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